INTERNAZIONALE

A 10 anni lo stupro e l’aborto, media a caccia della strega

Minacciata la ginecologa, ma per giorni Fox e Wall Street Journal dicono "una fake news"
LUCA CELADAusa/OHIO/INDIANA

Sono bastati pochi giorni al proibizionismo antiabortista americano per generare le sue mostruosità. Il primo luglio, una settimana dopo la pubblicazione della sentenza della corte suprema, l’Indianapolis Star ha riferito di una telefonata giunta ad una ginecologa della città da un consultorio dei servizi sociali nel confinante Ohio. Dall’altro capo del filo un operatore spiegava di avere in ambulatorio una bambina vittima di abuso sessuale. La paziente aveva dieci anni ed era incinta di sei settimane e tre giorni, tre giorni quindi oltre il limite massimo consentito per l’aborto dallo statuto che in Ohio era stato promulgato con effetto immediato appena pubblicata la sentenza della Corte suprema contro Roe v. Wade. Il limite è inderogabile, non sono contemplate eccezioni per violenza o incesto. O per età. Unica opzione per la bambina: recarsi nello stato vicino, nello studio della dottoressa Caitlin Bernard alla University of Indiana dove è stata effettuata la procedura.
IL CASO ha ovviamente fatto scalpore e qualche giorno dopo, l’8 luglio, viene citato anche da Biden come esempio dei paradossi cui ha dato luogo la sentenza della corte. «Dieci anni – dieci anni!» dice il presidente della bambina, «violentata, incinta, traumatizzata, costretta a rifugiarsi in un altro stato». Dieci anni – dieci anni! Le parole di Biden riflettono una giustificata e generale indignazione – che non è unanime però. Il presidente viene assalito dai media di destra che accusano i democratici di avere inventato una storia assurda, confezionata ad arte per infiammare gli animi. «Troppo buona per essere verificabile» titolerà il paludato Wall Street Journal in un editoriale che, in assenza di corroborazione, insinua che la storia, così conforme alla “narrazione progressista,” sia iperbole politica.
INTANTO sull’etere trumpista infuria una tempesta, i talk della sera come quello di Tucker Carlson e Laura Ingraham cavalcano il “falso” con indignati sproloqui accusatori e pesanti allusioni alla mancanza di ritegno dei “militanti abortisti” e la solita “estrema sinistra”. Sullo show di Jesse Watters si parla apertamente di “bufala strumentale” del presidente.
Pochi giorni dopo le agenzie battono invece la notizia dell’arresto di Gershon Fuentes, guatemalteco di 27 anni, reo confesso stupratore della bambina. Il teorema della bufala si sgonfia, il fatto è realmente accaduto, eccome, e il Journal modifica l’editoriale online. I canali teocon invece, Fox in testa, schivano acrobaticamente il dovere di rettifica, dando semplicemente la nuova notizia senza riferimento alle accuse precedenti. Ma con un nuovo taglio: lo stato anagrafico del sospettato. «Immigrato clandestino arrestato per violenza carnale su bambina» è il rappresentativo titolo della National Review a cui hanno fatto eco articoli e servizi in cui la bambina è diventata vittima sacrificale dei confini “spalancati” da Biden (il quale per la verità ad oggi ha modificato ben poco la politica di interdizione istaurata da Trump sul confine meridionale). Sui social “pro-vita” fiocca il rammarico per la gravidanza interrotta del madre-bambina. Il procuratore dell’Indiana annuncia di voler ritirare la licenza della ginecologa che procurato l’aborto alla piccola.
SULLO SFONDO una regione, il Midwest, che si sta chiudendo con effetto domino a chi ha bisogno di un aborto. Ohio, Missouri, Wisconsin, i Dakota e l’Oklahoma hanno già ufficializzato il divieto, Iowa ed Indiana lo faranno a breve, Nebraska e Kansas probabilmente seguiranno. Presto in un area grande come mezza Europa rimarranno in funzione cliniche solo in Minnesota ed Illinois, mentre il Sud è già solidamente blindato. Il caso raccapricciante della bambina dell’Ohio diventa un presagio degli orrori a venire.
ALLA CODIFICA del fanatismo in legge è infatti puntualmente seguito il prevedibile caos giuridico e amministrativo che ha immediatamente posto la questione degli aborti clandestini e “delocalizzati.” Dozzine di grandi aziende hanno promesso di rimborsare eventuali spese ad impiegate in “stati rossi” che fossero costrette a compiere viaggi per questo motivo. Alcuni stati proibizionisti hanno avvertito che sarebbero state punite al rientro mentre quelli garantisti promettono asilo finanziamenti alle cliniche in vista dell’influsso di pazienti da altri stati. Quasi tutto è una area grigia e un groviglio di giurisdizioni contrapposte.
MOLTI ATTIVISTI reclamano che Biden istituisca cliniche su terreni di proprietà federale all’interno di ogni stato, la Casa bianca non lo ha escluso ma non è chiaro come possa assicurare l’impunità per le pazienti una volta tornate a casa. Per ora Biden ha formato un decreto che garantisce le spedizioni di pillole del giorno dopo da parte del servizio postale e impone l’obbligo ai medici su tutto il territorio nazionale di tutelare le donne in pericolo di vita, quando necessario anche mediante un aborto. Il Texas – capitale del “diritto alla vita” – è subito ricorso ai tribunali, presumibilmente per rivendicare il diritto a farle morire piuttosto che procurare un aborto terapeutico.
SORVEGLIANZA, inquisizioni e fughe oltre confine - un quadro fatto apposta per evocare i fantasmi della storia più oscura del paese – e di una pericolosa frattura. Un medico californiano, il dr. Meg Autry, sta lavorando al progetto di una nave ospedale che ancorata in acque internazionali, fornirebbe aborti alle donne di stati affacciati sul Golfo del Messico – ad eccezione della Florida, sono tutti proibizionisti. Era la trama di un film del 2014, Vessel. Ora, nell’arco di un paio di settimane, la fantapolitica è diventata realtà, e il paese sprofonda nella trama di un romanzo di Margaret Atwood.
Il colpo di mano della Corte suprema controllata dai repubblicani sta anche provocando forti tensioni fra i democratici. L’ala progressista reclama a voce sempre più alta una reazione concreta di Biden. Ma non è chiaro se disponga degli strumenti per farlo. I ricorsi legali finirebbero tutti al prevedibile capolinea della Corte suprema, e l’opzione legislativa non è meno problematica. Venerdì la Camera ha nuovamente approvato il disegno di legge che legalizzerebbe l’aborto a livello federale, con potere sostitutivo della sentenza della corte. Ma la legge è destinata a naufragare nel Senato paralizzato dall’ostruzionismo repubblicano. Per rompere il “filibuster” servono almeno tutti e 50 i voti democratici e nemmeno quelli sembrano esserci. E dopo le elezioni parlamentari mid-term di novembre i numeri potrebbero ulteriormente peggiorare per i democratici.
PER ORA la proibizione dell’aborto sembra destinata a rimanere costernante evidenza del potere di una minoranza sulla volontà dei quasi due terzi di cittadini contrari al divieto. Della instabilità cioè della democrazia Usa.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it