VISIONI

Omero «post atomico», Satoshi Miyagi rilegge Idomeneo di Mozart

Il debutto del regista giapponese nell’opera lirica al Festival di Aix en Provence. La dimensione del mito
ANDREA PENNAFRANCIA/Aix en Provence

Quanto sono lontani da noi gli eroi del mito omerico? Quali codici dell’opera seria settecentesca possono essere decifrati dallo spettatore contemporaneo? Queste le domande che hanno guidato Satoshi Miyagi nella regia di Idomeneo, re di Creta di Mozart al Festival di Aix en Provence, in scena sul palco all’aperto dell’Archeveché dal 6 al 22 luglio. Per il suo debutto nell’opera lirica Miyagi ricorre alle stesse impostazioni drammaturgiche delle regie teatrali con cui si è imposto a Avignone e sulle scene giapponesi, da Antigone e Medea ai drammi shakespeariani, al Mahabharata. Carattere e scala dei personaggi non devono consentire al pubblico un’immedesimazione immediata come accade nel teatro borghese, ma piuttosto proiettarlo in una dimensione altra, quella del mito. Nel ridefinire la distanza temporale fra gli eventi bellici e il pubblico Miyagi prende come riferimento il Giappone del 1945, nel momento della capitolazione successiva ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki.
UN SOVRANO guerriero colpito dalla furia del dio del mare, simboleggiato dall’immane portato di dolore per i morti della guerra imperialista giapponese. Sulla scena piedistalli mobili corrono e ruotano su carrelli, velati da una trama filamentosa. All’interno le luci lasciano intravedere ombre minacciose: sono i soldati che compaiono nelle scene corali come popolo di Creta e poi si nascondono nelle gabbie-piedistallo. Sono le cupe personificazioni del risentimento divino, mutato in mostro devastatore grazie al richiamo pittorico alle stragi della bomba nucleare. Sui vari piedistalli i protagonisti si confrontano senza mai toccarsi: il re Idomeneo, il figlio Idamante, la prigioniera greca Ilia, l’atride Elettra, bardati in fastosi costumi bianchi ispirati alla tradizione kabuki. Una visione bidimensionale e rituale dell’opera che non pesa però sulla fluidità del racconto: la vicenda è sciolta in pace grazie alla voce del nume, evocata dalla radio da cui i giapponesi udirono per la prima volta la voce dell’imperatore sconfitto, degradato a essere umano e forzato all’abdicazione.
SUL PODIO dell’orchestra e del coro Pygmalion da lui fondati, Raphael Pichon offre una lettura frastagliata e viva della partitura mozartiana, con una definizione attenta delle diverse anime dell’opera, fondamentale passaggio alla piena maturità del compositore: i riferimenti alla grande opera seria metastasiana e alle opere di Gluck nelle arie e nei recitativi, le matrici di origine francese di cori e danze, le innovative soluzioni drammaturghico-musicali protoromantiche delle scene di insieme e dei duetti, con l’aggiunta nel terzo atto di un duetto Idamante-Ilia dalla seconda versione di Vienna, riadattato qui per l’originale voce di mezzosoprano di Idamante. Una lettura di forte intensità drammatica, scandita da vorticosi cambi di tempo, dalle pause e dall’originalità delle cadenze e variazioni degli interpreti. Dolente e insieme protervo, l’Idomeneo di Michael Spyres ha fatto valere, pur con qualche cautela, la sua ampia vocalità di baritenore e la destrezza nelle agilità, tratteggiando un monarca autorevole.
DOLCISSIMA e fiammeggiante nei sovracuti fuori ordinanza l’Ilia magnificamente interpretata da Sabine Devieihle mentre sorprende per sbalzo vocale e intenzioni drammatiche l’Elettra di Nicole Chevalier. Classe da vera mozartiana per Anna Bonitatibus, al debutto come Idamante e ben cantati Arbace, Sacerdote e voce di Nettuno da Lienard Vrielink, Kresimir Spicer e Alexandre Stravrakis. Alla fine tutti festeggiatissimi dal pubblico, tolta qualche isolata contestazione al regista.

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