VISIONI

Il talento non basta, per sconfiggere i titani bisogna cambiare mentalità

FINALI DI WIMBLEDON
MAZZINO MONTINARIgb/wimbledon

Poteva essere l'anno della fantasia al potere, alla fine hanno prevalso disciplina e freschezza fisica. Non che ai due vincitori di Wimbledon 2022, Elena Rybakina e Novak Djokovic, manchi il talento, l'inventiva e la capacità di stupire il pubblico, ma il livello dei due sconfitti, Ons Jabeur e Nick Kyrgios, in quanto a creatività e divertimento è inavvicinabile. Le vittorie della kazaka nata a Mosca e del serbo sono maturate allo stesso modo. In difficoltà nel primo set, entrambi hanno approfittato del calo fisico e mentale dei loro due avversari. Nel caso di Jabeur, forse, è subentrata anche quella pigrizia che porta chi sta in testa ad accontentarsi di lasciare le cose come stanno.
E così è venuta fuori l'esuberanza fisica di una ragazza di ventitré anni al quale brutalmente e ingiustamente i giornalisti hanno fatto pesare la provenienza russa. Per Rybakina ora si tratta di capire se sarà in grado di ripetersi. Le qualità le avrebbe ma, pensando alle giocatrici che in questi ultimi anni hanno portato a casa il loro primo e unico Slam, verrebbe spontaneo porsi quesiti amletici.
ED È RIEMERSA per l'ennesima volta la feroce capacità di vincere di un trentacinquenne che di Slam con questo se ne è aggiudicati ventuno, di cui sette a Wimbledon. Dispiace sia per Jabeur che per Kyrgios perché due tennisti così eccentrici oramai si incontrano solo su YouTube quando si cercano video di repertorio. Purtroppo il solo talento non è sufficiente per alzare un trofeo. Occorrono altro tipo di dedizione e rigore nella preparazione. Detto che per la tunisina probabilmente le occasioni si ripeteranno, anche perché in questo momento il tennis femminile per varie ragioni è in una fase nella quale tutto è veramente possibile, per l'australiano la questione è legata al caso. Non capita spesso di avere in sorte un tabellone con i russi fuori per motivi extra-sportivi, con uno dei favoriti, Matteo Berrettini, che si ritira perché positivo al Covid, e con Rafa Nadal che si infortuna proprio a ridosso di una semifinale che avrebbe portato via, come minimo, notevoli dosi di energie psicofisiche.
Purtroppo per Kyrgios, tennisti come Djokovic e Nadal si battono solo se si è disposti a restare dentro il campo per almeno cinque ore. Basta un attimo. Ad esempio il nono gioco del terzo set, quando l'australiano comodamente avanti sul proprio servizio, è atterrato su un universo parallelo lasciando sul prato londinese una strana versione di sé che pensava di dover sconfiggere il suo box invece dell'atleta che stava dall'altra parte della rete. E quello dall'altra parte della rete ha accettato di buon grado lo sdoppiamento e si è portato a casa non solo il set ma il totale controllo della partita.
Kyrgios ha giocato un buon match, se si leggono alcune delle statistiche che in sede di pronostico dovevano avere un segno positivo per darsi delle chance di successo. Tuttavia, per battere campioni come Djokovic e Nadal ci vuole altro. E a suggerirlo sono proprio lo spagnolo e il serbo che per primi non si sono guardati allo specchio compiaciuti per ciò che già possedevano. Ai suoi esordi, Nadal si allenò intensamente per battere Guga Kuerten e Roger Federer, i due ostacoli maggiori per raggiungere la vetta della classifica mondiale. E se il brasiliano si eliminò da solo per problemi fisici, lo svizzero patì non poco le alte traiettorie studiate dallo spagnolo per inchiodarlo sul lato sinistro del campo.
E DJOKOVIC ripensò gioco, allenamenti e dieta per superare a sua volta Nadal. E anche Federer nel 2017 cambiò il suo approccio di rovescio per tornare competitivo. E si potrebbe continuare all'infinito sulle trasformazioni di chi si è portato a casa 63 degli ultimi 76 Slam. Certi successi si possono ottenere con l'ossessione di essere continuamente diversi. Nel frattempo, un'altra generazione sta sbattendo contro un muro, rifiutandosi di pensare a una strategia per oltrepassarlo che non sia quella di prenderlo a testate.

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