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Il dialogo che spacca

GRAZIA LE MURABURKINA FASO/OUAGADOUGOU

È sempre difficile disbrigare i gomitoli della politica, capire a quale matassa appartengono e, soprattutto, riconoscere che tipo di tessuto si vuole tessere. In questi ultimi giorni, il gomitolo della politica del Burkina Faso si mostra più ingarbugliato che mai e sembra quasi impossibile ritrovare il bandolo della matassa.
IL FATTO che arruffa oltre misura il filo è questo: il 7 luglio alle ore 13,58 atterra nella capitale Ouagadougou un aereo proveniente dalla Costa d'Avorio. A bordo: Blaise Compaoré, ex Presidente del Burkina Faso; Chantal, sua moglie; Alì Coulibaly, ministro e consigliere influente del presidente ivoriano Alassane Ouattara; varie personalità politiche.
Blaise doveva partecipare all'incontro organizzato per ieri, 8 luglio, dall'attuale capo di Stato, il militare Sandaogo Damiba, con gli ex presidenti che hanno avuto un ruolo importante dopo la destituzione di Compaoré: Zida, che prese il potere i primi giorni; Kafando. che guidò la transizione; Marc Christian Kaboré, primo presidente democraticamente eletto nel 2015 e rieletto nel 2020, ma destituito da Damiba nel golpe del 24 gennaio 2022. L'incontro s'inscrive nell'ambito del percorso di Riconciliazione Nazionale che molti traducono in "percorso per l'amnistia di Blaise".
Perché questo arrivo scompiglia il gomitolo e anche la matassa? Semplice: Compaoré è stato condannato all'ergastolo il 6 aprile scorso dal Tribunale militare di Ouagadougou in quanto ritenuto responsabile dell'assassinio di Thomas Sankara e di suoi 12 compagni durante il colpo di stato che lo portò al potere nel 1987. Blaise è in esilio in Costa d'Avorio dadai giorni della Rivoluzione popolare (30-31 ottobre 2014) che hanno portato alla sua destituzione dopo 27 anni di potere indiscusso.
IN QUESTI OTTO ANNI non è mai ritornato in Burkina, né si è presentato al processo durato circa sei mesi. Nonostante fosse implicato in diversi assassini oltre a quello di Sankara, è stato proposto per il Nobel per la pace e nel corso della sua carriera politica è stato insignito di vari titoli onorifici. Se il suo recarsi in Burkina è legato a un a possibile il rischio è di spaccare in due il Paese e fomentare la guerriglia.
La popolazione si è subito schierata: chi a favore di Blaise, chiamandolo «papà» e adducendo che quando lui era al potere si stava bene e il terrorismo non era cosi efferato, chi a favore della giustizia, al fianco di Mariam Sankara e dei parenti delle vittime del 15 ottobre 1987, e che per questo invoca l'arresto di Blaise. La gente è scesa in piazza, numerosi manifestanti si sono raccolte attorno alla casa di Kabore per chiedergli di non partecipare all'incontro. La stessa moglie di Kaboré è scesa in strada e si è seduta accanto alle donne parlamentari che si erano lì radunate.
LA MATASSA POLITICA s’ingarbuglia. Il colpo di stato del 24 gennaio costituisce la chiave che permette di aprire diverse porte. Damiba destituisce il presidente eletto con un violento colpo di stato. Dopo giorni appare in tv e prospetta una lunga transizione di tre anni. Il triplo del tempo impiegato per la transizione dopo la destituzione di Blaise. Il golpe è giustificato dall'insicurezza in cui versa il Paese, dagli attacchi terroristici e dall'incapacità di Kaboré di gestire la questione. Ma in questi mesi l'insicurezza è cresciuta, gli atti terroristici non si sono mai arrestati e, inoltre, è cresciuta in modo esponenziale la criminalità. A questo va aggiunto il caro vita e la difficoltà di approvvigionamento dei beni di prima necessità. La gente è stanca e si lascia catturare dai luoghi comuni.
ALL'INCONTRO DI IERI erano stati invitati Jean Baptista Ouedraogo (presente), Kafando e Zida (assenti, uno per motivi di salute e l'altro per impossibilità a raggiungere il luogo). Kaboré ha provato a non andare ma è stato prelevato con la forza.
Damiba, dopo aver sollecitato Kaboré a collaborare, prova a rassicurare i burkinabè sul fatto che il processo messo in atto non è finalizzato all'impunità di Compaoré ma intende contribuire alla ricerca di soluzioni per un Burkina Faso in pace e coeso. Kaboré e altri continuano ad affermare che non si può fare riconciliazione solo ai vertici e che va coinvolto il popolo.
Una cosa è certa come dice il Comitato giustizia per Sankara che ha voluto fortemente il processo: non c'è cammino di riconciliazione senza giustizia e verità e al momento non ci sono né giustizia né verità.

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