SOCIETA

Verona, il vescovo anti-gender licenzia il prete che lo aveva criticato

MARCO CAMPEDELLI INSEGNAVA DA 20 ANNI AL LICEO MAFFEI
LUCA KOCCIITALIA/veromna

Il vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti, ha «licenziato» Marco Campedelli, il prete veronese che la scorsa settimana lo aveva criticato per aver fatto campagna elettorale per la destra alla vigilia del ballottaggio fra il neo sindaco Damiano Tommasi (candidato del centro sinistra) e lo sconfitto Federico Sboarina, sostenuto da Fratelli d’Italia e Lega.
Ieri l’agenzia di informazioni Adista ha lanciato la notizia che Zenti ha rimosso Campedelli dal ruolo di docente di religione cattolica al liceo «Scipione Maffei», dove insegnava da oltre vent’anni. Gli uffici della diocesi veronese, come da prassi clericale, dicono di non saperne nulla, ma non hanno smentito il provvedimento - perlomeno fino al momento in cui scriviamo -, che è confermato anche da altre fonti interne alla Curia.
Intanto, contro l’allontanamento del loro professore, monta la protesta delle studentesse e degli studenti del Maffei. Nelle chat circola la proposta, tra le altre, di ritrovarsi questa sera in massa davanti al palazzo vescovile a leggere poesie in piazza, come facevano in classe con il loro insegnante, autore di libri su Dario Fo e Alda Merini (pubblicati con la protestante Claudiana) e autore teatrale. L’obiettivo è bloccare il provvedimento del vescovo prima della sua formalizzazione ufficiale.
«La decisione di monsignor Zenti è un atto dal sapore censorio e di ritorsione, guarda caso a pochi giorni dalla pubblicazione della lettera aperta con la quale Campedelli esprimeva il suo dissenso rispetto ai “suggerimenti per il voto” dello stesso vescovo», scrivono su Facebook i genitori eletti nel Consiglio di istituto del Maffei. «È una notizia che ci lascia amareggiati», commenta la Rete degli studenti medi di Verona. «Come comunità studentesca e come suoi alunni - prosegue la Rete - siamo laicamente e sinceramente dalla parte del professor Campedelli, che con coraggio ed onestà sta cercando di scardinare gli atteggiamenti reazionari che tentano di imporre dogmi religiosi nella politica».
La vicenda era esplosa in mezzo alla campagna elettorale per il ballottaggio fra Tommasi e Sboarina. Il 18 giugno il vescovo Zenti aveva scritto ai preti perché orientassero il voto dei fedeli verso quelle forze politiche particolarmente attente e sensibili, fra l’altro, «alla famiglia voluta da Dio e non alterata dall’ideologia del gender, al tema dell’aborto e dell’eutanasia», «alla scuola cattolica».
Ovvero i «principi non negoziabili» di Ratzinger. Stavolta senza fare nomi - Zenti li fece però nel 2015, chiedendo ai docenti di religione di votare alla regionali per una candidata del leghista Zaia -, ma con un’indicazione chiara.
Contro questa idea di una Chiesa clericale che, attraverso i pastori, dovrebbe guidare il «gregge» dei fedeli laici, Campedelli aveva scritto una lunga lettera aperta nella quale, fra l’altro, chiedeva: «Oggi nel 2022, c’è bisogno che il prete dica ancora alla gente che cosa votare? Siamo sicuri che i laici e le laiche circa le vita, con la sua concretezza, siano meno esperti dei preti, che circa la vita in realtà sono sempre un po’ in ritardo?».
Una presa di posizione che evidentemente Zenti non ha mandato giù. E che ora, al termine del proprio mandato a Verona - il papa ha già accolto le sue dimissioni per raggiunti limiti di età, a giorni arriverà il suo successore, che potrebbe essere il vescovo di Rieti monsignor Pompili -, ha deciso di licenziare il prete non allineato. In cauda venenum.

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