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Il lavoro autonomo oltre gli schermi

ROBERTO CICCARELLIITALIA

«Quando ho cominciato a lavorare, le telecamere costavano in lire 150 milioni, l’alternativa era il super Vhs a bassa qualità - racconta Filippo, 45 anni, produttore freelance per Tv - Strumenti così cari non li metti in mano a dilettanti o persone poco affidabili. Intorno al 2008 arrivano telecamere più piccole che registravano su mini digital video. Erano usate da trasmissioni tipo “Le Iene”, costavano poco, circa 6 mila euro. Una rivoluzione che ha lasciato per strada molti operatori che non hanno voluto lasciare l’analogico».
QUESTA è una delle testimonianze sulla grande trasformazione in corso contenute nell’inchiesta, curata da Sergio Bologna e Anna Soru, Dietro le quinte. Indagine sul lavoro autonomo nell’audiovisivo e nell’editoria libraria, pubblicata dalla Fondazione Brodolini (quaderno 62). La ricerca, condotta insieme a Mattia Cavani e Silvia Gola, sarà presentata il prossimo 6 luglio alla libreria Calusca-Archivio Primo Moroni-Cox 18 in via Conchetta 18 a Milano. I curatori, socio e presidente dell’associazione Acta impegnata nella tutela dei diritti del lavoro freelance, sostengono che «ci troviamo di fronte a un salto di qualità nel processo di digitalizzazione» che ha cambiato «radicalmente le regole del mercato». È «un salto d’epoca» come lo è stato «l’ingresso di Amazon nell’express delivery» che ha cambiato la logistica come nemmeno hanno fatto «giganti come Federal Express, Tnt, Ups o Dhl».
L’INGRESSO delle piattaforme digitali come Netflix, Disney o Prime Video di Amazon in Italia non ha favorito un rafforzamento dei produttori, al contrario li sta indebolendo. La concentrazione di capitale a livello internazionale e l’aumento esponenziale di contenuti non sta favorendo la crescita di un’industria nazionale e ha schiacciato i produttori, confinandoli alla mera acquisizione. «Gli investimenti sono ingenti - racconta Sandro, 45 anni produttore - Netflix ha annunciato 200 milioni di euro in Italia, ma il 30% di questi sono recuperati con il tax credit, e quindi pagati dallo Stato, e si perde ogni presidio sui contenuti».
L’ACCESSO più semplice alle tecnologie digitali ha portato alla svalorizzazione delle competenze tecniche. «Il potere oggi è degli autori e, in Tv, dei conduttori, è legato all'immagine, un valore non delegabile - sostiene Roberto, 68 anni, è un regista-produttore per Tv e pubblicità - Sono queste le due figure più pagate oggi, che invece facevano da corollario negli anni Sessanta e Settanta. Il resto sono i nuovi braccianti».
«L’IMPATTO dell’innovazione è paragonabile a un meteorite, i compensi sono crollati - osserva Filippo, il produttore freelance per Tv - Quando il mio titolare ha cominciato a lavorare, un operatore guadagnava un milione al giorno e andava a lavorare in Porsche. Adesso a Roma pagano 80 euro al giorno. Il Centro-Sud paga meno, ma le tariffe si stanno abbassando dappertutto».
IL CALO DEI SALARI non ha portato all'aumento della conflittualità sociale. Prevale l’individualismo sul mercato e l’organizzazione corporativa di alcuni gruppi professionali, in particolare tra le maestranze. Questa situazione è emersa nel mondo dello spettacolo dal vivo durante i mesi del Covid. Il settore ha rivendicato maggiori diritti e ha ottenuto parziali interventi governativi. Il lavoro audiovisivo è solo in parte dentro questo mondo. La parte che resta fuori è quella che cresce di più e avrebbe maggiori esigenze di tutela, a cominciare dai periodi di non lavoro.
L’INCHIESTA fa emergere il profilo di una composizione di classe medio-alta, in particolare nelle professioni autoriali. Il possesso di una rendita sociale permette di fare un lavoro «perché piace». «Difficilmente si trovano persone che lavorano «perché devono campare» e dicono che «se potessero farebbero altro». Questa mentalità precipita i lavoratori nella «trappola della passione». È un meccanismo pericoloso quando la manodopera non è organizzata, accetta condizioni di lavoro non dignitose e compete al ribasso. Sono i costi della dilagante ideologia neoliberale dell’imprenditore di se stesso. «Diversamente dalla logistica dove la conflittualità è altissima, nell’audiovisivo è pressoché inesistente - osservano gli autori della ricerca - Prevale la preoccupazione che i nuovi assetti del mercato e i nuovi poteri che lo dominano possano essere causa di un’ulteriore compressione dei compensi nei confronti di una forza lavoro – in gran parte on demand – è più che giustificata».
LA DIFESA individuale dei salari ai danni dell’organizzazione sindacale, così come quella politica nella società, rende difficile ottenere una trasformazione del Welfare. Tutti concordano sulla mancanza di tutele, ma sono i meno giovani a sentirne maggiormente l’esigenza». «Sembra che ognuno creda di essere l’unico a fare quel lavoro, un mercato atomizzato in cui tempi giusti e diritti sono poco conosciuti - conferma Massimo, 36 anni, tecnico luci nella pubblicità - Sembra un “lavoro per ragazzini”, come se non dovessi mai invecchiare o avere malattie o avere esigenza di prestazioni previdenziali».
L’INFLAZIONE elevata e l’aumento dei prezzi inciderà molto sui redditi di questi lavoratori che, come tutti, già subiscono una riduzione del costo del lavoro. «Bisogna pensare urgentemente a un nuovo ordinamento contrattuale - sostengono Bologna e Soru - Se sin dagli anni della formazione i giovani professionisti non vengono adeguatamente informati e oggi c’è il rischio che entrino nel mercato del lavoro con l’atteggiamento di chi è disposto a lavorare sempre per un euro meno del collega. Le università o le accademie private devono assolvere all'obbligo educativo e abbandonare il ruolo di intermediarie di forza lavoro a basso costo che continuano purtroppo a esercitare con le politiche di inserimento al lavoro fondate sullo stage».

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