INTERNAZIONALE

«Fanno di tutto per fermare la rivoluzione in atto»

INTERVISTA A PAUL B. PRECIADO, FILOSOFO QUEER
GIANSANDRO MERLIusa/ITALIA/ostuni

Dalla campagna brindisina la decisione della Corte Suprema statunitense di negare il diritto all’aborto può sembrare lontana, ma le parole di Paul B. Preciado mostrano come si tratti di una reazione a una trasformazione epocale. Nella contrada «La luna nel pozzo», teatro del festival Sherocco, tra muretti a secco, trulli e fichi d’india, il filosofo e attivista spagnolo dice: «C’è una guerra mondiale per la sovranità dei corpi e sui corpi».
Che ha pensato quando ha letto la notizia?
Non mi ha sorpreso. C’è una rivoluzione in corso contro la quale reagisce un movimento di controriforma. L’abolizione della legge sull’aborto si prepara da molto tempo. Prima che finisse il mandato di Trump, 34 paesi si sono riuniti nella Dichiarazione di Ginevra. Tra loro non c’era una frattura identitaria tra paesi occidentali o orientali, cristiani o musulmani. Continuiamo a lavorare politicamente su queste distinzioni ma quella dichiarazione mostra che c’è un fronte patriarco-coloniale di natura trasversale. Non dico che viviamo in una situazione di colonialismo o patriarcato come nel XVIII secolo. Mi riferisco a una certa epistemologia, un sistema di rappresentazione del corpo e della sua sovranità. Non mi interessa definire questa battaglia secondo la logica dell’identità, opponendo uomini e donne, femminismo e antifemminismo. Mi sembra più interessante guardarla come una guerra per la definizione della sovranità dei corpi. La legge statunitense è molto legata alle pratiche eterosessuali, ma non è una battaglia identitaria che riguarda solo le donne eterosessuali. Ci sono donne, come le donne lesbische, che hanno un utero ma non ne fanno un uso gestante. Mentre ci sono uomini trans che hanno un utero gestante. Questa battaglia riguarda anche loro.
Qual è la frattura allora?
È tra un fronte fascista di riforma patriarco-coloniale e un insieme di corpi che lottano per la definizione di una nuova sovranità. Per esempio il movimento Black lives matter, che pensa il corpo oltre il suo essere forza di produzione per il colore della pelle, o il movimento transfemminista. Negli ’30 o ’40 la frattura era tra fascismo e comunismo, oggi si è spostata. Da un lato abbiamo questo fascismo che chiamo petro-sesso-razziale, perché riguarda anche la questione del regime produttivo e dell’uso dell’energia fossile, e dall’altro un insieme di corpi che lottano per la ridefinizione della loro sovranità. Tra questi c’è il corpo del pianeta, degli animali. Tutta la questione ecologica ha a che fare con la ridefinizione della vita.
Tutto questo c’entra con l’aborto?
Cos’è l’aborto? Una tecnologia del corpo. Le femministe che criticano il movimento trans restano dipendenti da un’idea di natura. Ma l’aborto non è naturale. Ed è accompagnato da un altro insieme di tecniche di gestione della riproduzione, come la pillola del giorno dopo o quella contraccettiva, che è un ormone. Come quelli che usano le persone trans nella transizione. Le femministe dovrebbero smettere di pensare all’utero e al corpo femminile come qualcosa di naturale altrimenti, mi spiace, ma non si può abortire. Dobbiamo creare un’alleanza di corpi contro la norma e reclamare l’uso delle tecnologie del corpo.
L’interpretazione costituzionale della Corte è stata definita «originalista» perché prende il testo del Settecento e dice che dentro non c’è il diritto all’aborto…
Perché quelli che chiamiamo diritti sono tecnologie ed è chiaro che nel 1787 non c’erano. Mi piace leggere la storia delle precedenti svolte epistemiche per capire quello che sta accadendo oggi, quando c’è un momento di passaggio prima che appaia il nuovo il vecchio si irrigidisce anche se tutti sanno che è totalmente obsoleto. La nozione di «originalità» invocata dalla Corte è come un’invocazione a Lucy, la donna preistorica scoperta dagli antropologi. È una finzione storica.
Questo dice chi sta vincendo?
È chiaro che noi siamo dal lato della realtà. Quando ci dicono che siamo costruttivisti mentre gli altri naturalisti, rispondo: no, noi siamo realisti. Le pratiche di trasformazione del corpo continueranno a esistere, anche se in forma illegale. Possiamo guardare quello che sta accadendo in due modi. Dicendo: che orrore, stiamo tornando al passato, non possiamo fare niente. Oppure riconoscere che la rivoluzione in corso è così forte che la Corte statunitense deve provare a fermarla con le unghie. Vogliono tornare al Settecento, ma questa rivoluzione è inarrestabile. Qual è il processo di organizzazione necessario a questa trasformazione rivoluzionaria? È questa la vera domanda, quella più complessa.

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