EUROPA

Per Ucraina e Moldavia si apre la portadell’Ue, ma la strada sarà lunga

DECISIONE STORICA AL CONSIGLIO EUROPEO, NON PER I BALCANI
ANNA MARIA MERLOucraina/moldavia/europa

Il Consiglio europeo preannunciato come «storico» per l’apertura alla candidatura di Ucraina e Moldavia si è azzoppato sui Balcani: il pre-vertice Ue-Balcani occidentali è finito male, a causa del persistente blocco della Bulgaria al via libera alla Macedonia del Nord (e di conseguenza all’Albania), che ha così ritardato di qualche ora l’approvazione ufficiale dello statuto di candidato per Ucraina e Moldavia (mentre la Georgia dovrà ancora aspettare e ha solo una «prospettiva» verso Bruxelles) e all’ultimo è entrata in ballo anche la candidatura della Bosnia. Sullo sfondo, la lunga strada che non solo Ucraina e Moldavia dovranno percorrere (seguite dalla Georgia), ma anche la Ue, che deve fare i conti con l’allargamento e modificare i Trattati, o almeno le modalità di funzionamento per evitare la paralisi del voto all’unanimità, passando sempre più al voto a maggioranza qualificata, ma non solo, perché con le regole attuali sarebbe impossibile un funzionamento a 31-32 o 33 stati. Mario Draghi ha proposto un vertice Ue a luglio per le questioni economiche, Macron appoggia.
L’Ucraina, al 120 giorno di guerra, dovrebbe ottenere il simbolo dell’entrata formale nel campo occidentale, voltando le spalle alla Russia. Un «ampio consenso» era stato ottenuto già alla vigilia del Consiglio, spianando le varie reticenze di una decina di stati membri, preoccupati delle capacità dell’Ucraina di integrarsi nella Ue ma anche della «capacità della Ue di assorbire nuovi membri». Ieri l’Europarlamento ha invitato il Consiglio a accettare Ucraina e Moldavia, «senza attendere». C’è stata una via accelerata per Kyiv, che ha presentato con la Moldavia domanda di candidatura il 28 febbraio scorso, 4 giorni dopo l’aggressione russa, e ha ricevuto un parere positivo della Commissione il 17 giugno. Il paragone con i Balcani occidentali è stato doloroso. La Bulgaria ha un governo sfiduciato e Sofia ha un lungo contenzioso storico, identitario, linguistico con la Macedonia del Nord (che già nel 2019 aveva dovuto sormontare l’opposizione della Grecia relativa al nome): il 79% dei bulgari pensano che i macedoni del nord falsifichino la storia, l’84% non li vuole nella Ue. I due paesi si contendono un eroe anti-ottomano dell’800, Gotse Deltchev. «Sarò diretto - ha inveito ieri il macedone Dimitar Kovacevski - quello che succede è un serio colpo alla credibilità della Ue, è inaccettabile». Peggio ancora l’albanese Edi Rama: «La Bulgaria è una disgrazia, prima di tutto è una disgrazia che un paese Nato prenda in ostaggio altri due paesi Nato, Albania e Macedonia del Nord e i 26 altri restino seduti immobili, impotenti». Emmanuel Macron ha spiegato che è «troppo presto» per un accordo con la Bulgaria, ma che già la «prossima settimana» la situazione potrebbe sbloccarsi. Per l’olandese Mark Rutte, c’è «un 50-60% di possibilità» di riuscita, per portare i Balcani dal «limbo», come ha detto la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola. La Serbia, assieme a Albania e Macedonia del Nord, aveva minacciato di boicottare il pre-vertice con la Ue. «Benvenuto all’Ucraina - ha ironizzato Edi Rama - ma spero che non si facciano troppe illusioni».
Per l’Ucraina e la Moldavia il cancello è aperto, ma la strada sarà lunga e difficile. Già per aprire il negoziato, perché è impossibile con un paese in guerra. «Per l’inizio del negoziato devono succedere ancora molte cose» ha precisato Rutte. La Ue ieri si è limitata a promettere di «provvedere altro supporto militare per aiutare l’Ucraina a esercitare il diritto all’’auto-difesa». I 27 si impegnano in un aiuto finanziario di 9 miliardi di euro quest’anno e ad appoggiare la «ricostruzione».
Ieri a cena, i 27 hanno discusso la proposta francese di creare una «comunità politica europea» (Cpe), precisando che non sarà un’alternativa all’adesione alla Ue, ma uno strumento per approfondire più in fretta i legami, per conciliare i tempi lunghi del percorso di adesione con l’urgenza di un riavvicinamento con i paesi del vicinato, che vogliano o meno entrare nella Ue (riguarda anche Svizzera, Gran Bretagna, Norvegia).
La Lituania ha sollevato la grave crisi di Kaliningrad, che «non è una questione bilaterale con la Russia». Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha però suggerito di applicare le sanzioni a Mosca «in modo intelligente», senza bloccare il traffico di merci tra Kaliningrad e la Russia.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it