POLITICA

Scontro nella maggioranza. Le destre con Cingolani

L’ANOMALIA DEL MINISTRO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA
GIULIANO SANTOROITALIA

Dopo il voto del Parlamento europeo di mercoledì che ha approvato il bando per i motori a combustione delle auto a partire dal 2035 la palla passa ai ministri competenti. Si incontreranno il 28 giugno al Consiglio europeo. In seguito, prima della fine dell’anno, spetta a Commissione, Parlamento e ministri dei singoli stati cercare una sintesi sulle emissioni. Ciò significa che in questa fase per l’Italia il ruolo del pivot spetta al ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani. Cioè una figura dai tratti paradossali: la conformazione stessa della sua delega e la scelta della sua persona si devono a Beppe Grillo e al Movimento 5 Stelle, che ne fecero motivo dirimente per far nascere la maggioranza Draghi. È tuttavia evidente da tempo che su molti dossier Cingolani esprima sensibilità diverse dalla forza politica che lo ha espresso.
IN QUESTA OCCASIONE ha manifestato vicinanza alla proposta dei popolari di attenuare il passaggio ai motori a zero emissioni. Tanto che è a lui che si appella, il giorno successivo, il vicepresidente del Ppe e coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani,. «Ho chiesto un incontro al presidente del consiglio – fa sapere Tajani - Chiediamo al governo di seguire Cingolani, che condivide quello che noi abbiamo votato al Parlamento europeo. Si può bloccare questa scellerata decisione della sinistra». Le destre contrappongono la ragione economica a quella ambientale. «Chi ha votato a favore di questo scempio vuole smontare il nostro sistema pezzo per pezzo e rappresenta un pericolo per il nostro paese», aggiungono i capigruppo della Lega Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
L’ANOMALIA CINGOLANI balza agli occhi dei portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli ed Eleonora Evi: «È bizzarro vedere un ministro della transizione ecologica fare la guerra alla transizione ecologica». Anche Sinistra italiana punta il dito su Cingolani. «Il ministro si appella alla vecchia retorica opposizione fra tutela dell'ambiente e tutela del lavoro – affermano il responsabile economia Giovanni Paglia e quello della transizione ecologica, Marco Grimaldi – Ma se l’auto elettrica al momento non è del tutto green perché ancora non abbiamo l'energia elettrica verde per ricaricarla. Dunque proprio il ministro dovrebbe avvertire tutta l'urgenza di investire sulle rinnovabili. Il vero obiettivo della transizione ecologica non è passare dall’auto a motore termico all'auto elettrica, ma uscire dal mondo del trasporto privato per entrare in quello del trasporto condiviso». La capogruppo di LeU al Senato Loredana De Petris è netta: «Le proteste e le richieste di deroga per l'Italia sono assurde – sostiene De Petris – Il passaggio alle auto elettriche dovrebbe invece essere visto per quel che è: un'occasione per l'industria italiana dell’auto, che ha sempre scontato un ritardo sull'innovazione tecnologica compensato con la politica dei bassi salari».
PD ED M5S GLISSANO sul caso Cingolani e si assestano sulla necessità di procedere sulla strada della transizione ecologica garantendo sussidi. «Le destre vogliono ammorbidire e allungare i tempi della transizione energetica – dice il responsabile organizzazione dem Stefano Vaccari - Il Pd continuerà in questa battaglia, in Europa come in Italia, per tenere insieme le due sostenibilità, quella ambientale e quella sociale». Per Giuseppe Conte, «l’obiettivo fondamentale della neutralità climatica è al 2050, quindi dobbiamo lavorare per un'Europa verde. Certo dobbiamo lavorare perché gli italiani non rimangano al verde».
UNA DEROGA AL BLOCCO delle auto inquinanti, in verità, è stata già concessa. Riguarda le auto di lusso della cosiddetta Motor valley e l’approvazione di quello che in Europa è stato chiamato emendamento salva-Ferrari. L’assessore allo sviluppo economico della Regione Emilia-Romagna Vincenzo Colla riconosce che quel provvedimento ha valore relativo, perché quelle aziende hanno sempre investito in innovazione e perché possono consentirsi di scaricare qualche costo in più sui facoltosi acquirenti. Per Colla, piuttosto, «per vendere un’auto elettrica servono stipendi che consentono di comprarla, sennò andiamo in autoavvitamento». Tuttavia, osserva, «se qualcuno pensa che si può tornare indietro, non ha capito niente».

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