INTERNAZIONALE

«Italia non più equidistante. Draghi parli delle colonie»

INTERVISTA A LAURA BOLDRINI
CHIARA CRUCIATIisraele/territori

Laura Boldrini, presidente del Comitato permanente sui diritti umani della Camera, è rientrata da una visita tra Tel Aviv, Gerusalemme e Cisgiordania, territori occupati militarmente da Israele dal giugno 1967. A Sheikh Jarrah e Masafer Yatta, luoghi da anni al centro di sgomberi di massa da parte di Israele, Boldrini è stata accompagnata da ong israeliane (Breaking the Silence e Jerusalem Center for Public Affairs) e palestinesi, il Palestine Istitute for Public Diplomacy e associazioni radicate nei territori.
Dal quartiere gerusalemita al sud della Cisgiordania, ha visitato comunità a rischio concreto di sgombero, in violazione del diritto internazionale.
Ho compiuto questa visita con israeliani e palestinesi che si adoperano per la pace, ong che lavorano insieme per far passare messaggi importanti: primo, non ci può essere sicurezza per nessuno se continua questa occupazione illegale; secondo, l’annessione di Gerusalemme est da parte di Israele è insostenibile oltre a non essere riconosciuta dalla Nazioni unite e gran parte dei Paesi, inclusa l’Italia perché è illegale e impatta in maniera drammatica sulle persone. Ho visitato Masafer Yatta, dove le autorità israeliane vogliono stabilire un poligono di tiro cacciando una popolazione che è lì da molto tempo. Tutta l’area continua a essere penetrata da coloni protetti dai soldati israeliani. A cosa serva l’occupazione? Sicuramente non ad accrescere il livello di sicurezza dei cittadini israeliani. E ci sono in vigore due giurisdizioni diverse: militare per i palestinesi e civile per i coloni. Questa politica a cosa può portare se non alla insicurezza generalizzata e all’aumento della tensione?
Ong come B’tselem e Amnesty in merito parlano di crimine di apartheid. È d’accordo?
Nei territori occupati e a Gerusalemme est c’è un doppio canale per chi è cittadino israeliano e chi non lo è, pari trattamento non esiste. A Sheikh Jarrah, se una famiglia esce e lascia sguarnita la propria casa, al ritorno rischia di trovarci un colono e non ci saranno la polizia o l’esercito a intervenire a sua protezione. All’ordine del giorno ci sono il problema della titolarità della proprietà, l’assenza di un’autorità che protegga i palestinesi e lo status di Gerusalemme. Se un palestinese si trasferisce dalla città e non rientra entro 5 anni, può perdere il permesso di residenza. Gerusalemme est è abitata da persone che non hanno gli stessi diritti di chi vive a ovest.
Citava le risoluzioni disattese dell’Onu. Ma senza pressioni reali, Israele non ha interesse a rispettarle.
Bisogna che la comunità internazionale riprenda in mano questo dossier. L’Italia, che in passato giocava un ruolo attivo per avere un costante dialogo con i palestinesi e gli israeliani, ora sembra non farsi più carico dei diritti dei palestinesi, neanche quando a minacciarli è stato un governo di destra come quello Netanyahu.
Nel nostro governo c’è una discussione in merito?
Chiederò di fare una rendicontazione del mio viaggio in Commissione esteri. Abbiamo una risoluzione sul tavolo, che avevo avviato lo scorso anno dopo la fine della guerra (del maggio 2021 a Gaza, ndr), ancora non votata. Va portata all’attenzione della Commissione. Il presidente del Consiglio Draghi andrà in visita in Israele tra pochi giorni e spero che ponga all’attenzione la condizione congelata di Gerusalemme e la continua colonizzazione della Cisgiordania.
L’Occidente parla ancora di soluzione a due Stati, mentre tra i palestinesi cresce il favore per uno Stato unico, democratico ed equo. Cosa ne pensa?
La risoluzione Onu del 1948 parla di due Stati, uno israeliano e uno palestinese. Il primo è stato fatto, il secondo no. È vero che le colonie segmentano il territorio palestinese e mettono a rischio questa soluzione ma penso sia l’unica praticabile a condizione che la comunità internazionale non ripeta una formula stanca. Diamo concretezza a «due popoli due Stati»: porre fine all’occupazione, affermare il diritto palestinese all’autodeterminazione e riconoscere lo Stato di Palestina.
Senza scordare i sette milioni di rifugiati che dal 1948 vivono fuori dalla propria terra.
Il ritorno dei rifugiati è una questione scottante ma per riprendere i negoziati vanno individuate le priorità per evitare che la situazione precipiti. Quanto accade in Ucraina è certamente grave ma l’instabilità mondiale ha diversi focolai e uno di questi è quello israelo-palestinese. Spero che Draghi voglia affrontare questi nodi e che lo faccia anche Biden.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it