VISIONI

Vertigini per sassofono e jazz, le magie siderali di Anthony Braxton

ANGELICA FESTIVAL
NAZIM COMUNALEITALIA/bologna

È difficile raccontare la musica. E allora come raccontare una musica difficile? Innanzitutto dicendo che è imprevedibile, come le cose preziose della vita. Poi facendo un esercizio di immaginazione, a fronte di quelli che da decenni (le vertigini di For Alto risalgono al 1971) compie Anthony Braxton. Protagonista, in un inedito quartetto di sassofoni, della trentaduesima edizione di Angelica Festival. In Maze di Shinya Tsukamoto il protagonista si trova imprigionato in un cunicolo dove ha appena lo spazio per respirare; poi trova una fuga. Sono forse esercizi di liberazione quelli che ascoltiamo al Teatro San Leonardo? Dalle gabbie dell’atteso, del rassicurante. Per spalancare ancora le porte al perturbante, per farci spettinare dal vento dell’indicibile.
LUNGHI PIANI sequenza, rarefatti fondali elettronici che interferiscono, senza però entrare in dialogo vivo, con una grammatica libera e rigorosa, carne e sangue di una musica simile solo a sé stessa, sempre più proiettata dall’altra parte, segnali siderali per pianeti dove domani faremo allunaggio. Un dettato alla perenne ricerca di risposte che non arrivano, in una giungla di domande acustiche che si affollano nella sala, nella testa. Come sempre col compositore di Chicago nessuna retorica, nessun languore: una lingua distante, austera, che esplora vette dove l’ossigeno è raro. Se il motto di Art Ensemble Of Chicago era Ancient To The Future qui siamo su un piano inclinato dove il tempo perde consistenza. Dialoghi da galassie remote, prototipi di futuro arcaico tra la trance africana ancestrale e Stockhausen. Ingrid Laubrock, James Fei e Chris Jonas interpretano i segnali del Maestro e lo seguono nella sua inesausta conquista dell’irraggiungibile.
NEL 1977 la sonda Voyager partì verso l’ignoto profondo portando con sé il Golden Record, un catalogo dei suoni della civiltà umana: i pigmei dello Zaire, il gamelan di Java, Bach, Stravinsky, Louis Armstrong, Beethoven. Le esplorazioni del quartetto suonano come quel viaggio ancora in corso verso Altrove. La settimana prima, sempre qui, ci siamo esaltati con Matmos: come dice il direttore artistico Massimo Simonini è l’insieme dei concerti, la loro diversità ad amplificare la fragilità e la potenza delle musiche presentate. Lunga vita ad Angelica e all’Ulisse afroamericano, che ha di nuovo varcato le colonne d’Ercole.

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