SOCIETA

Esclusi, Milano vista dai rapper delle case popolari di San Siro

«Seven 7oo», rabbia e riscatto in musica dal quartiere abbandonato della città
ROBERTO MAGGIONIITALIA/MILANO

Ieri nelle case di un po’ di milanesi (e non solo) è entrato un disco, pubblicato a mezzanotte sulle varie piattaforme streaming, che non è stato ascoltato dagli adulti che abitano in quelle case. Per sentire di cosa si tratta bisogna affacciarsi alle camerette dei figli adolescenti. «Non te lo aspettavi vero che arrivassimo insieme a tutto ciò?». Inizia così questo disco, parole pronunciate da Neima Ezza, uno dei ragazzi della Seven 7oo (che si pronuncia seven zoo) il collettivo di giovani rapper delle case popolari di San Siro che sta scombussolando la quiete musicale e sociale di Milano, e che sta raccontando al resto della città, meglio di chiunque altro, come si cresce e si vive da italiani figli di stranieri nel quartiere più povero di Milano.
Seven zoo: sette come il numero del municipio di cui fa parte San Siro diventato simbolo d’appartenenza al territorio, zoo che è come si sentono guardando il resto della città. «Seven zoo è famiglia, è culto, è tutto. Le autorità contro di noi, i quartieri contro di noi, il quartiere senza regole. Abbiamo visto la fame, abbiamo dovuto stringere i denti per arrivare a fine mese ed è per questo che non saremo mai alla pari: senti che flow c'hanno le case popolari».
La crew è composta da Rondodasosa, Neima Ezza, KiliMoney, Vale Pain, Sacky, Keta, NKO. Hanno meno di vent'anni, sono cresciuti nelle case popolari di San Siro e oggi stanno facendo milioni di ascolti e visualizzazioni con le loro canzoni e i loro video. Nei due anni di pandemia sono stati il principale grattacapo della Questura di Milano sul fronte dell'ordine pubblico in una città addormentata dalle restrizioni anti Covid. Quando bisognava stare in casa da soli e distanziati loro stavano in piazza insieme e vicini, quando non si potevano fare i concerti loro giravano video per le strade di Milano, e così si sono tirati addosso le attenzioni della polizia. L’episodio spartiacque furono gli scontri di piazza Selinunte il 10 aprile 2021 quando 300 giovani chiamati dai rapper per girare il video di una canzone respinsero a sassate la polizia intervenuta in antisommossa per disperdere l'assembramento. Resterà anche questo piccolo assurdo episodio nella storia del rap e del Covid italiano: la polizia contro i rapper per un assembramento in strada. In quei giorni, in un clima politico-mediatico di criminalizzazione di quei giovani, si distinsero il sindaco di Milano Beppe Sala e il prefetto Renato Saccone. Il primo incontrò a palazzo Marino, la sede del Comune, due dei rapper della crew: Rondodasosa e Sacky. Il secondo richiamò Comune, Regione e Aler, l’ente regionale che gestisce le case popolari, alle proprie responsabilità, mettendoli attorno a un tavolo e impegnandoli nella firma di un protocollo per la «rigenerazione di San Siro».
Così il prefetto Saccone spiegò il suo gesto: «Il protocollo nasce dalla volontà di dare una risposta dopo quanto accaduto lo scorso 10 aprile in piazzale Selinunte dove circa 300 giovani si erano radunati per il video di un rapper e ne erano seguiti scontri con le forze dell'ordine». E ancora: abbiamo ritenuto di dare una risposta, di accettare e interpretare la domanda posta da quei 300 adolescenti. Il quartiere è tra i più popolosi ed è una delle periferie che avverte di essere esclusa dal resto della città.
A un anno di distanza dalla firma di quel protocollo ancora poco è stato fatto, ma il percorso di ascolto e individuazione dei primi progetti fattibili è stato avviato. Il fallimento delle istituzioni del resto è palese e visibile a chiunque si avvicini anche solo distrattamente al quartiere. Via Zamagna, via Tracia, via Micene, via Preneste sono il cosiddetto quadrilatero delle case popolari di San Siro. «Non parlarmi delle popolari, dei Natali con zero regali, sempre al freddo come orsi polari. Viviamo in cinque in una stanza di 40 metri, qui siamo buttati per strada da quando sono baby» canta Neima Ezza. E in un altro pezzo Rondodasosa: «diventerò così ricco che sto blocco me lo compro», come a dire che la fiducia nelle istituzioni è finita da un pezzo. Zamagna è una delle vie simbolo del blocco delle 6.000 case popolari gestite dall’Aler. Tre vie più in là ci sono lo stadio di San Siro e le ville dei vip, dalla parte opposta i quartieri benestanti di Wagner e Washington. Sono cresciuti lì in mezzo Neima, Rondo, Sacky e il resto della banda, in questa periferia strana tutta dentro la città eppure così distante da tutto il resto. La Seven zoo questa distanza l’ha accorciata entrando nelle case dei milanesi attraverso la musica che ascoltano i loro figli e raccontandogli com’è Milano vista dai giovani delle popolari di San Siro. Come in tutte le periferie del mondo anche qui i muri parlano e raccontano la storia del quartiere.
A metà di via Zamagna c’è una scritta che sintetizza bene cosa vuol dire periferia: «Questo era un asilo, è abbandonato da 30 anni». Dove il 3 di 30 è di un bianco meno sporco rispetto al resto della scritta perché è stato ripassato con la bomboletta spray non troppo tempo fa. Ogni dieci anni il conto va aggiornato. L’ingresso dell’ex asilo è un cancello arrugginito chiuso da una lastra di metallo come quelle che l’Aler mette nelle case dopo uno sgombero. In quella stessa via altre scritte raccontano il quartiere: «no justice no peace» fatta dal comitato Abitanti San Siro, o poco più in là «sbirri infami, fuck la galera, free Bene 530».
Bene è un ragazzo della zona amico dei giovani rapper, arrestato nei mesi scorsi e a cui la Seven 7oo ha dedicato la canzone Amico mio. Chissà cosa vorrà cogliere Milano da questa storia e da queste vite, se le relegherà a problema di ordine pubblico e alle inchieste giudiziarie che hanno colpito alcuni di loro, oppure no. Il rapporto con le istituzioni è conflittuale. Intanto qualche rapper famoso della vecchia scuola come Marracash o più recente come Ghali si è accorto di loro. Questo primo disco della Seven 7oo è un incontro riuscito tra le singole storie di ciascuno di loro e quella collettiva che hanno vissuto insieme fin da bambini. Come per tanti gruppi che li hanno preceduti la sfida sarà non farsi dividere dai soldi e dalla fama.

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