CULTURA

Editori, il piacere della lettura passa per il «booktoker»

Express
MARIA TERESA CARBONEITALIA/torino

E così TikTok è arrivato anche a Torino, all’ultima edizione del Salone del libro – o se preferite, #salto22. Presentato come una delle grandi novità di quest’anno, l’approdo del ramo italiano di Douyin (questo il nome del social in Cina, dov’è nato nel 2016) alla maggiore fiera editoriale del nostro paese era in realtà scontato. Da tempo – se n’è parlato pure in questo spazio – i brevissimi video, tra i 15 secondi e i 3 minuti, postati dagli utenti della piattaforma, sono considerati la via maestra per attrarre i giovani e i giovanissimi verso i piaceri della lettura. E in effetti negli Stati Uniti sono numerosi i titoli che, caduti nel dimenticatoio della backlist, cioè del catalogo, hanno trovato nuova vita grazie ai booktoker, raggiungendo vendite da best seller. Come potevano le case editrici italiane sfuggire a questi richiami?
Ma a dimostrazione che l’impatto di TikTok sul mondo del libro è un fenomeno radicato e ha conseguenze che non si limitano alle vendite, ecco un articolo di Addison Rizer uscito sul sito BookRiot, sempre attento alle evoluzioni dell’editoria. Titolo: Is BookTok changing the way we talk about books?, «Con BookTok cambia il modo in cui parliamo dei libri?» – dove è evidente che il punto interrogativo è un abbellimento, e la risposta non può che essere «sì».
Per capire se una trasformazione c’è stata, e di quale tipo, Rizer procede comunque con metodo, partendo dal modo in cui si parlava di libri una decina di anni fa, al tempo dei booktuber, di Bookstagram, della comunità #LitTwit – la preistoria, insomma.
Nell’era BB (before BookTok), scrive Rizer, «i libri presentati su YouTube si potevano riconoscere facilmente come titoli destinati a un pubblico ‘Young Adult’: Twilight, The Hunger Games o Divergent. I video in cui si raccomandavano testi da leggere si basavano su uno spettro piuttosto ampio, con titoli come ‘consigli per i libri’ o ‘letture per Halloween’. Per esempio il canale YouTube PeruseProject (ancora attivo, conta 349mila iscritti, ndr) aveva raccomandazioni per generi: ‘fantasy’, ‘contemporaneo’ o ‘narrativa storica’».
Poi arriva TikTok e la crescita è rapidissima: nel 2020 gli utenti superano il miliardo, soprattutto residenti in Cina e in India, ma dislocati in tutto il mondo. Nonostante le dimensioni, però, nota Rizer, ci si muove «con facilità: l’algoritmo di TikTok è in grado di rilevare l’utente in pochi minuti e di mostrargli i contenuti e le community che cercava da anni». Ed è questa facilità, insieme alla clausura pandemica, ad avere reso il nuovo social «una sorta di book club internazionale e virtuale», dove i consigli di lettura ti arrivano da lontano, «ma è come riceverli da un amico nella comodità di casa tua».
Basta, quindi, con le recensioni, le distinzioni per generi, l’originalità: quello che conta sono le emozioni, tradotte in hashtag come «libri che mi hanno fatto dimenticare che stavo leggendo» o «che mi hanno fatto piangere di brutto». Sono queste le etichette con cui i libri vengono cercati e individuati, ormai non più solo su TikTok, ma anche su YouTube e gli altri social.
«Nei decenni passati, prima dei social media, i libri erano spesso simbolo di intelligenza e di status, se ne parlava per il modo in cui facevano pensare, per i loro insegnamenti», conclude Rizer. E aggiunge che se «in parte» è ancora così, è «altrettanto importante» parlare dei sentimenti, di lacrime e risate. Tutto vero. Certo, bibliotecari e librai dovranno cambiare criteri di catalogazione, ma una soluzione c’è già: gli emoticon.
Faccine piangenti o ridanciane, pollici alzati e cuoricini sostituiranno facilmente le categorie sorpassate di letteratura e di poesia, di critica e di storia. Qualcuno ne dubita?

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