INTERNAZIONALE

Verso l’accerchiamento del Donbass, i russi avanzano

Nei prossimi giorni si decideranno le sorti del conflitto lungo il fronte orientale
SABATO ANGIERIrussia/ucraina/donbass

Secondo i servizi segreti britannici, se l’esercito russo riuscisse a conquistare Severodonetsk avrebbe di fatto la strada libera all’occupazione dell’intero oblast di Lugansk. Inoltre, l’avanzamento in questa regione porterebbe la minaccia al territorio attiguo di Donetsk a un livello molto più allarmante per le forze di difesa ucraine. È quanto si legge nell’ultimo aggiornamento dell’intelligence del ministero della difesa di Londra di ieri. «I russi stanno cercando di accerchiare le città di Severodonetsk, Lysychansk e Rubizhne nella regione di Lugansk e hanno aumentato l’intensità delle operazioni nell'area» specificano gli analisti di sua maestà, aggiungendo che «anche se la conquista di Severodonetsk è ora lo sforzo principale della Russia, questa operazione è solo una parte della campagna russa per l’occupazione totale del Donbass».
ANCHE SE TALI dichiarazioni non rivelano nulla di nuovo, il fatto che gli analisti occidentali abbiano rivolto tutta la propria attenzione al Donbass è sintomatico dell’evoluzione della guerra a quasi tre mesi dall’inizio dell’invasione russa. In altri termini, la consapevolezza che nei prossimi giorni si decideranno le sorti del conflitto lungo il fronte orientale inizia a diffondersi nell’opinione pubblica internazionale. Non è un caso se ieri, per la prima volta, l’impianto chimico “Azot” di Severodonetsk è stato colpito. Per la maggior parte dei lettori questo nome risulterà sconosciuto, ma è proprio da lì che meno di una settimana fa avevamo registrato le testimonianze dei civili della capitale dell’oblast di Lugansk senza acqua e senza corrente; ne avevamo tenuto il nome nascosto per espressa richiesta dei rifugiati che temevano di essere esposti oltremodo. Tra i letti a castello nei corridoi bui avevamo incontrato anche diversi anziani che criticavano il proprio governo al pari della Russia, dimostrando posizioni non allineate alla vulgata comune nazionalista.
ALLA DOMANDA «ma qui non hanno mai bombardato?» in molti avevano risposto che non avrebbe avuto senso, «tutti sanno che siamo qui, la fabbrica è ferma, militari non ce ne sono, armi non ce ne sono, non c’è nulla tranne questa povera gente spaventata» ci aveva spiegato Tatiana, che nel rifugio sotterraneo si era inventata una specie di scuola di inglese per i bambini. Appena i bombardamenti diminuivano di intensità i rifugiati uscivano all’aria aperta, in un vialetto che un tempo serviva d’accesso agli impianti della fabbrica, e cucinavano su fuochi da campo o scaldavano l’acqua in grosse stufe a carbone. Tutto intorno si sentivano le deflagrazioni ma i più sembravano non farci caso. Ieri anche questo tabù è stato rotto. La struttura è stata bombardata e quattro persone hanno perso la vita. Vladimir, Tamara, Valentina, Olga, Dmitry e decine di altri sfollati ci avevano accolto tra quelle mura buie pochi giorni fa mentre approfittavano del bel tempo per friggere frittelle per i bambini e prendere un po’ di sole. Ora sono anche loro l’ennesimo bersaglio ingiustificato di questa guerra infame. Purtroppo, le linee di telecomunicazione sono interrotte quindi non abbiamo potuto verificare se stanno bene né sappiamo se il rifugio sia ancora agibile. Ciò che sappiamo è che su queste macerie nessuna società può reggersi, soprattutto una che vorrebbe sostituire la vecchia in nome della «denazificazione» e, quindi, in un certo senso, della libertà di un popolo oppresso. Non c’è nulla da aggiungere, è proprio vero che il termine «libertà» è uno dei più abusati del nostro tempo.
TRA L’ALTRO, sembrerebbe che la 115° Brigata dell’esercito ucraino avrebbe rifiutato di essere dislocata proprio a Severodonetsk a causa della mancanza di rinforzi e di rifornimento di armi. La notizia è da confermare, ma rima con il malcontento che si è diffuso in alcuni gruppi dell’esercito ucraino dopo la decisione dello stato maggiore di imporre la resa all’acciaieria “Azovstal” di Mariupol. A che pro affrontare una difesa a costo della vita in condizioni di netta inferiorità se poi tutto si risolve in una decisione presa da Kiev? Sembra questo il ragionamento che sottende a tale malcontento, vero o presunto che sia. Ciò confermerebbe il fatto che, anche dal punto di vista dell’immaginario collettivo, Severodonetsk si sta delineando sempre più come una nuova Mariupol.
SUL FRONTE MILITARE, i russi sarebbero riusciti a entrare a Svitlodarsk, a sud-ovest di Popasne ma nell’oblast di Donetsk. Secondo Sergiy Hoshko, capo dell’amministrazione militare di Svitlodarsk, le truppe di Mosca sarebbero entrate in città la mattina di ieri e avrebbero issato una bandiera russa sull’edificio del consiglio comunale. Dal canto loro, fonti ucraine hanno fatto sapere che l’esercito di Kiev si è «temporaneamente» ritirato da Svitlodarsk verso posizioni più vantaggiose per la difesa. Inoltre, per bloccare l’avanzata russa, durante la ritirata il genio ucraino avrebbe distrutto un ponte sul fiume Luthan. In questo momento, l’esercito difensore si sarebbe appostato nei pressi della centrale termica di Uglegorsk. La presa di Svitlodarsk è importante anche per gli sviluppi dell’avanzata su Slovjansk, la seconda città della regione. Dopo aver messo in sicurezza le proprie posizioni in questo villaggio, infatti, i russi si sarebbero subito diretti verso il villaggio di Vidrodzhennya e, forse, anche più a nord. Ora, secondo le nostre fonti sul campo, sarebbero appostati a circa 15 km da Bakhmut, bombardata pesantemente durante il fine settimana scorso. Sembra proprio che l’avanzata si stia effettivamente realizzando come avevamo ipotizzato qualche giorno fa.
Contemporaneamente, altri contingenti del Cremlino sarebbero riusciti a occupare un’area a nord del villaggio di Soledar, lungo la strada che da Bakhmut va a Lysychansk dove, lo ricordiamo, venerdì è stato fatto saltare il ponte che portava a Severodonetsk. Mentre chiudiamo questo pezzo arrivano notizie di bombardamenti russi sulla zona nord di Bakhmut, il che potrebbe davvero essere il preludio per il tanto temuto sfondamento da sud che porterebbe la manovra a tenaglia russa nel Donbass quasi a compimento.
CHIUDIAMO con una notizia non confermata giunta da fonti russe a fine giornata: la conquista di Lyman, da settimane vessata da bombardamenti violentissimi, sarebbe ormai cosa fatta. Attendiamo la notte per capire se, effettivamente, le principali città della regione in mano ucraina si trovano ormai circondate dagli invasori.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it