VISIONI

Il teatro e il mestiere dell’attore, gli anni ottanta di Valeria Bruni Tedeschi

«LES AMANDIERS» IN CONCORSO
CRISTINA PICCINOfrancia/cannes

Nell'autofinzione che attraversa molto cinema francese – lo mostrano gli autori visti qui questi giorni, da Desplechin a Mia Hansen-Love – quella di Valeria Bruni Tedeschi riesce a sempre a sorprendere, e soprattutto a farsi esperienza condivisa grazie a un punto di vista rispetto alla propria personalissima materia – gli amori infelici, la famiglia, la maternità, il lutto con la morte dell'amatissimo fratello – che vive di autoironia mai compiaciuta. Una forma dirompente che accompagna questo «mettersi a nudo» anche nelle zone emozionali più intime, e nei ricordi più dolorosi, capace e di andare oltre la biografia – o le personali nevrosi – per toccare una sensibilità comune. E che nel nuovo film, Les Amandiers, presentato in concorso, raggiunge una compiutezza di magnifica libertà – segnando anche un passaggio nuovo. Cosa racconta dunque? I suoi anni di allieva alla scuola del teatro, che dà il titolo al film, di Patrice Chéreau e Pierre Romans al Théâtre des Amandiers de Nanterre, dove è cresciuta una generazioni di attrici e attori francesi - oltre a Bruni Tedeschi, Agnes Jaoui, Vincent Perez, Bruno Todeschini, Marianne Denincourt....
UNA LEGGENDA che attraversa gli anni ottanta e che dà a un gruppo di ragazze e di ragazzi di vent'anni la possibilità di un'esperienza di vissuto e di pratica artistica mai sperimentate, folli forse, estremi, che impongono un allenamento ai sentimenti non solo sul palcoscenico e che creano una comunità. Siamo nel 1985 dei Les Rita Mitsouko, in quel primo gruppo di quaranta ragazzi selezionati ne resteranno dodici, lacrime e grida alla lettura della lista degli ammessi, una non ammessa rimarrà come cameriera al bar: «lo sai chi è seduta laggiù? Catherine Deneuve e mangia una bistecca». Alcuni di loro andranno in scena diretti da Chéreau nel Platonov di Cechov - un testo come lui dice sulla giovinezza, nel suo metodo in cui distrugge i narcisismi – anche chi ha un ruolo minuscolo è fondamentale.
STELLA È BIONDA e con una sensibilità fragile (è la splendida Nadia Tereszkiewicz che incarna la stessa Bruni Tedeschi), dal primo giorno è divenuta amica di un'altra ragazza, Adele, un po' fassbinderiana, poi si è innamorata di Etienne. Lui è proletario, lei ricchissima, principessina in un castello col maggiordomo che le asciuga le lacrime e la rimprovera sulla decisione di essere attrice dicendole che diventerà pazza e morirà da sola. Etienne è seducente e eroinomane, la usano in molti alla scuola l'eroina con altre droghe, le siringhe passano da uno all'altro, nascono amori un po' tra tutti come accade quando si condivide giovani un'esperienza assoluta e un quotidiano di desiderio. Con una piccola Austin rossa Stella, Etienne, Adèle, Victor – che ha appena avuto un bambino – bucano i semafori rossi, selvaggi e incoscienti, spericolati e pieni di passione, sempre in bilico tra lacrime e sorrisi, in un esposizione del proprio cuore a volte persino rischiosa. La vita sono le lezioni, le prove, New York e l'Actor Studio, i nuovi e imprevedibili movimenti dell'esistenza.
Les Amandiers nasce da un suggerimento - come Bruni Tedeschi ha detto - del suo amico, l'attore e regista Thierry de Peretti, la regista ha lavorato alla sceneggiatura con Noemi Lvovsky e Agnes de Sacys per restituire un’esperienza che si fa memoria personale e di un'epoca, lasciando fuori campo (ma non troppo) la figura di Chereau - nel senso che non è lui il centro del racconto ma al tempo stesso ne costituisce la fascinazione centrifuga: capriccioso, irritabile, spesso duro – è Louis Garrel – ma capace di cogliere l'istante di debolezza e di esserci, di stare accanto anche con un piccolo gesto – Bruni Tedeschi sarà la sua attrice prediletta a teatro e nei film come Ceux qui m'aiment prendront le train (1998).
È IL RACCONTO di una giovinezza, di un'epoca ancora incosciente nella quale l'Aids arriverà col suo carico di pena e di angoscia, le telefonate ai centri dei test disperate da una cabina, gli amici che si ammalano. Ma anche l'eroina, il lutto, la perdita, la fine dell'assoluto e della sfida di proteggere qualcuno che si ama. Bruni Tedeschi non c'è – a parte una velocissima apparizione nella commissione che seleziona gli allievi, un gruppo di giovani attori tutti bravissimi, Micha Lescot, Sofiane Bennacer, Clara Bretheau, Lena Garrel – ma al di là del suo essere fuoricampo c'è rispetto a altri film una diversa distanza in cui i toni emozionali sfumano in una malinconia nuova, nella tenerezza per un'innocenza e per la sua utopia, qualcosa di irripetibile, un romanzo di formazione vissuto insieme.
C.PI.

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