POLITICA

Referendum, la Lega si muove. Tardi

I CINQUE QUESITI SULLA GIUSTIZIA
ANDREA FABOZZIITALIA/ROMA

«Mobilitazione generale». Quando mancano solo tre settimane all’appuntamento, la Lega pare aver deciso che comincerà a credere veramente nei referendum sulla giustizia. Sono cinque e si voteranno il 12 giugno.
È stata proprio la Lega a insistere perché i referendum si votassero assieme alle elezioni amministrative, e il governo l’ha accontentata prevedendo l’abbinamento con il primo turno. Anche se si è trattato di una decisione senza precedenti (una sola volta l’abbinamento fu con il turno di ballottaggio) con qualche profilo di delicatezza, visto che i referendum abrogativi prevedono un quorum di partecipazione per la validità (il 50% più uno degli elettori aventi diritto) che non andrebbe condizionato dal richiamo alle urne per altre votazioni.
Ma adesso i leghisti protestano. «Metterlo la prima domenica dopo la chiusura delle scuole e con il venir meno delle limitazioni Covid dopo due anni - ha detto il senatore Roberto Calderoli - sembra quasi che qualcuno abbia pensato a come far fallire i referendum attraverso questa data. E poi credo che un giorno solo sia veramente troppo poco».
Salvini ieri durate il consiglio federale del partito ha chiesto ai dirigenti e ai militanti un impegno totale, lui stesso ha intenzione di fare sul serio programmando diversi appuntamenti pubblici (tre ieri, due oggi). «Oggi si ipotizzano tra i 15 e i 20 milioni di italiani che voteranno il 12 giugno - ha detto Salvini - sono tanti ma non bastano. Nei prossimi due fine settimana ci saranno centinaia di gazebo in tutta Italia per informare sui referendum giustizia visto il silenzio di quasi tutte le tv e di molta stampa».
La scarsa presa dei referendum sui media è innegabile, ma la Lega ha la sua parte di responsabilità. All’ultimo momento ha rinunciato a presentare le firme che - assieme al partito radicale - aveva raccolto durante la scorsa estate per proporre i referendum giustizia (all’inizio erano sei, uno non è stato ammesso dalla Corte costituzionale che ha fermato ance i quesiti sull’eutanasia e sulla cannabis).
I promotori, infatti, pur sostenendo di aver raggiunto e superato la soglia delle 500mila firme necessarie a sostegno di ognuno dei quesiti, all’ultimo momento hanno lasciato che fossero i consigli regionali a maggioranza di centrodestra a chiedere i referendum, e solo loro. In questo modo, non avendole rese pubbliche, nessun controllo oggettivo sull’esistenza e regolarità delle firme è stato possibile e Lega e partito radicale non figurano tra i promotori ufficiali dei referendum, quindi non hanno diritto ai rimborsi elettorali e hanno accesso agli spazi delle tribune elettorali solo come uno degli undici soggetti che si sono volontariamente costituiti presso l’Agcom per sostenere le ragioni del sì.
Promotori ufficiali sono i delegati regionali in rappresentanza di nove regioni a maggioranza di centrodestra, di cui solo sette per tutti i cinque referendum. Tra i delegati regionali però c’è anche Calderoli, l’ha indicato il consiglio regionale della Basilicata.
a. fab.

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