INTERNAZIONALE

Il battaglione Azov depone le armi. È caduta Mariupol

Da Kiev l’ordine di cessare la difesa della città. Dal New York Times nuove prove delle esecuzioni commesse dalle forze russe a Bucha
GIOVANNA BRANCAucraina/Mariupol

«Giorno 86 della difesa di Mariupol. L’alto comando militare ha dato l’ordine di salvare vite e tutelare l’incolumità dei militari della guarnigione, e di cessare di difendere la città».
Con un video postato ieri sui social, il tenente colonnello del battaglione Azov Denys Prokopenko annuncia la svolta: per ordine di Kiev il suo reggimento depone le armi e lascia l’acciaieria Azovstal, ultimo fronte della difesa di Mariupol. In serata la Russia ha comunicato di averne preso il controllo, e su Telegram il consigliere del sindaco di Mariupol Petro Andryushchenko ha scritto che era terminata la rimozione, da parte degli occupanti, dei detriti e dei cadaveri sepolti sotto il teatro cittadino bombardato il 16 marzo: «Ora non sapremo mai quanti civili di Mariupol sono stati effettivamente uccisi dalla bomba russa sul teatro. I morti sono stati sepolti in una fossa comune a Mangush».
IN CONCOMITANZA con la resa di Azov, è salita la conta (russa) degli uomini che si sono arresi all’acciaieria: a detta del ministro della Difesa Sergei Shoigu, sarebbero ora 2.000. E secondo le previsioni dell’intelligence britannica, la caduta ufficiale della città – Reuters riporta che già stanno per aprire le prime «scuole russificate», dove il curriculum verrà assimilato a quello degli istituti della Federazione – farà sì che le forze russe vengano riassegnate al fronte del Donbass: l’«inferno» evocato ieri dal presidente ucraino Zelensky.
NON MENO INFERNALI sono le nuove immagini che arrivano da Bucha, la prima città dove in aprile sono state scoperte prove di crimini di guerra russi, grazie a un’inchiesta del New York Times. In due video pubblicati dalla testata – uno ripreso da telecamere di sicurezza e l’altro da un testimone affacciato alla finestra della propria casa lo scorso 4 marzo – si vedono dei paracadutisti russi puntare le loro armi a un gruppo di nove uomini che vengono fatti marciare, le mani sopra la testa o ad afferrare la cintura di chi li precede, verso un ufficio trasformato in base militare. Lì gli viene ordinato di sdraiarsi a terra, e il video si interrompe. «Nessuno li ha più visti tornare», hanno confermato dei testimoni al NYT, aggiungendo che poco dopo si erano sentiti degli spari. Un terzo video, girato da un drone il giorno successivo, riprende i cadaveri di quegli uomini nel cortile della base.
I CRIMINI DI GUERRA hanno continuato a tenere banco anche nella capitale ucraina: ieri è stato il terzo giorno del processo al soldato russo Vadim Shishimarin – il primo nella storia per crimini di guerra a conflitto ancora in corso – che ieri ha chiesto perdono per l’omicidio di un civile 62enne ucraino disarmato: «Non lo nego, e sono pronto a essere punito e affrontare le conseguenze», ha detto il militare appena ventenne. Il suo avvocato, Viktor Ovsyannikov, ha chiesto di giudicarlo non colpevole con una frase ricorrente nei processi per crimini di guerra: eseguiva degli ordini, e inoltre credeva che la vittima potesse mettere in pericolo la sua vita.
Sul fronte russo ieri invece è stata la giornata in cui hanno cominciato a concretizzarsi le reazioni alla scelta di Svezia e Finlandia di fare richiesta di ingresso nella Nato. Mosca – dove la Duma ieri ha varato una proposta di legge che consente di arruolare i russi sopra i 40 anni e gli stranieri sopra i 30 per rinfoltire le fila dell’esercito – sta prendendo «contromisure adeguate» all’accresciuto rischio militare al confine, ha detto Shoigu all’agenzia Interfax. Risposta che prevede la costruzione di 12 nuove basi militari nei distretti occidentali, al confine con la Finlandia.
E da oggi Helsinki vedrà anche interrompersi l’afflusso di gas dalla vicina Russia: «Nel pomeriggio di venerdì 20 maggio, Gazprom Export ha informato Gasum che le forniture di gas naturale verranno interrotte sabato 21», recita una nota del distributore statale di gas della Finlandia, terzo paese europeo a cui Mosca chiude i rubinetti dopo il rifiuto di pagare in rubli, e naturalmente come rappresaglia per l’imminente ingresso nell’Alleanza atlantica.
SEMPRE IN CAMPO energetico, dopo le pressioni subite in Germania – dove giovedì è stato privato di alcuni dei suoi privilegi da ex cancelliere proprio per il suo coinvolgimento nell’industria energetica russa – Gerhard Schröder ha lasciato il consiglio d’amministrazione del gigante petrolifero Rosneft, che ne ha dato notizia in un comunicato in cui ringrazia l’ex cancelliere «del suo costante sostegno». Apprezzamento che suona come un atto d’accusa sul versante europeo, dove ieri, a Torino, il Consiglio d’Europa (dal quale la Russia è uscita il 16 marzo) è tornato a occuparsi dell’invasione dell’Ucraina nella chiusura del vertice dei ministri degli Affari esteri. Che hanno chiesto a Mosca di «porre immediatamente fine alla sua aggressione», di cui è «l’unica responsabile», e di rilasciare «tutti i civili rapiti», compresi quelli trasferiti contro la loro volontà in territorio russo. Il consiglio ha poi reiterato il suo «pieno sostegno e solidarietà» a Kiev, e ha deciso di modificare il Piano d’azione per l’Ucraina per offrire al Paese misure di protezione per gli sfollati, i minori e i gruppi vulnerabili, e un contributo alla documentazione delle violazioni dei diritti umani, alla lotta alla violenza contro le donne e la tratta.
G.BR.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it