VISIONI

Le possibilità della danza nella maturità dei corpi

DANCE ON ENSEMBLE
FRANCESCA PEDRONIITALIA/MILANO

Esiste la vecchiaia nella danza? Se ne è parlato in occasione del debutto alla Triennale Milano per Fog della compagnia berlinese Dance On Ensemble, composta da danzatori rigorosamente over 40. Uno spettacolo intelligente tra pezzi del passato, modern e post-modern, e nuove creazioni.
La serata si è aperta con Deep Song, lavoro del 1937 di Martha Graham dedicato alla Guerra civile spagnola, danzato da una interprete storica della compagnia Graham degli anni Ottanta, Miki Orihara. Iconica ancora oggi l’introiezione nel corpo dello strazio per la guerra di Graham, espresso su una panchina con contrazioni e pose drammatiche che senza narrazioni aneddotiche danno corpo al dolore.
SULLO SFONDO l’installazione di Tim Etcheels nella quale si accendono e spengono le parole del 1931 di Garcia Lorca, morto nella stessa guerra, «everything in the world is broken. Nothing but silence remains». Il secondo titolo è Works in Silence, tre pezzi esemplari della rivoluzione post-modern degli anni Settanta, a firma Lucinda Childs. Rigore matematico assoluto, dance in sneakers, Works in Silence mette in scena azioni elementari come camminare, correre, saltare, sdraiarsi a terra e rialzarsi, base di una perlustrazione spazio-temporale straordinaria. Un terzetto, un assolo sulla diagonale (Ty Boomershine), un quartetto, in cui la variazione delle cellule di movimento ridà smalto al migliore minimalismo.
CHIUDE Marmo di Ginevra Panzetti e Enrico Ticcone, creazione che confermando la qualità ideativa dei due giovani autori italiani di stanza a Berlino, si lega con intelligenza alla ricerca di Childs, sviluppandone con personalità i fondamenti. I cinque danzatori hanno le braccia e le mani impolverate di bianco. Il suono che pervade la scena, firmato da Demetrio Castellucci, evoca una cava, lo sgretolio del marmo, il rumore di macchine e attrezzi. I danzatori si chiamano l’un l’altro dandosi indicazioni come se facessero fare manovre a invisibili camion. I gesti sono ripetitivi, ma cambiano gli schemi di movimento nello spazio, in scientifica progressione della costruzione coreografica. I cinque si spostano, si incontrano in abbracci in torsione come fossero incisi nel marmo dentro una posa, scendono a terra, ruotano ipnoticamente con le braccia a pala. Ed è come se i corpi diventassero essi stessi racconto astratto del processo creativo, dal marmo naturale all’artefatto. Ottimo.

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