VISIONI

Matteo Guarnaccia, vita da controcultura seguendo una curiosità mai allineata

LA SCOMPARSA DELL’ARTISTA E SCRITTORE
ANTONELLO CATACCHIOITALIA/MILANO

«Ciao a tutti. Questa notte l’amore della mia vita, Matteo, è andato "Across the Universe", regalando a tutti noi una meraviglia di luce, di immagini, di bontà e di condivisione. Ha disegnato, dipinto tantissime immagini e scritto tanti libri, sempre con leggerezza, intensità e ironia, è stato un docente molto amato. Chi vi ha scritto è sua moglie, Tiziana».
Questo su Facebook, dove Matteo è Matteo Guarnaccia, classe 1954, una figura straordinaria di indagatore del mondo attraverso uno sguardo che ha sempre rifuggito il conformismo. Ha avuto curiosità coniugata con intelligenza in diversi ambiti, prima nella controcultura europea degli anni ’60, arrivando quindicenne a fondare una rivista psichedelica in Olanda, per poi collaborare con la statunitense Berkeley Barb e l’italiana Fallo!. Poi è stato anche creatore di immagini, utilizzate non solo nelle riviste alternative, ma anche in manifesti e copertine di dischi, critico d’arte, saggista, studioso di culture altre.
UNA FIGURA ECCENTRICA, mai allineata capace di attraversare i mondi della musica, della letteratura, della cultura, della moda con un punto di vista singolare, unico. Tra le infinite cose che Guarnaccia (milanese, compagno di viaggio delle generazioni di suoi coetanei), ha scritto e fatto ci sono gli imperdibili sei volumetti che lui ha curato per Millelire Stampa Alternativa di Baraghini.
Si tratta di beat & mondo beat, sottotitolo Beats-Provos e «capelloni» in Italia, storie e documenti 1965-1967. Contenuti in una confezione cartonata senza enfasi in cui si dice «sareste scappati di casa se aveste saputo che Jack Kerouac abitava ancora con la sua mamma?». Un magnifico e documentato saggio sulla tricofobia che imperava all’epoca in Italia. A titolo esemplificativo citiamo un articolo del Corriere della sera del 5 novembre 1965 che riguardava gli odiati capelloni di Trinità dei Monti dopo un diverbio che aveva portato, naturalmente, all’arresto di due di loro e all’espulsione di altri dieci. «Le autorità hanno detto che d’ora in avanti verrà esercitata stretta sorveglianza sulla scalinata, che verrà dato ordine alle frontiere perché si ponga maggiore attenzione su chi entra in Italia. Questo secondo provvedimento è giusto: come non si entra in India senza farsi l’iniezione contro il colera, come non si va nel Congo senza la vaccinazione contro la febbre gialla, non si entra in Italia con i capelli lunghi…», poi si invita a provocare quelli che rimangono «armati di civismo, di insetticida e di forbici» se si lasciano disinfestare bene, altrimenti «ingaggiano rissa, arrivano le guardie e il problema è risolto lo stesso».
UN’ISTIGAZIONE che ha dell’incredibile, replicata in occasione della tendopoli milanese di via Ripamonti ribattezzata dai quotidiani benpensanti (all’epoca tutti) Barbonia City con articoli piazzati sempre in cronaca, nera, anche se i reprobi capelloni avevano addirittura regolarmente affittato quel prato periferico. Una crociata degna di miglior causa. Ma all’epoca non c’erano molte voci (anzi erano davvero poche, la Nanda Pivano, Arbasino, Morante, Calvino, Cederna, Quasimodo, Feltrinelli) capaci di ergersi a difesa di giovani che volevano solo essere alternativi. E sull’aspetto tricofilico Matteo Guarnaccia ha scritto anche un pezzo molto curioso su Alias a proposito del musical Hair che da momento trasgressivo diventa showbusiness, citando pure una delle frasi più intriganti della commedia musicale «Gli uomini bianchi spediscono gli uomini neri a combattere gli uomini gialli per proteggere la nazione che hanno rubato agli uomini rossi». Ci mancherà la sua curiosità non allineata.

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