INTERNAZIONALE

Azovstal sotto attacco dei tank russi: «Ci sono ancora civili all’interno»

Le mogli dei soldati dal papa. Il battaglione Azov chiede «una soluzione». La replica di Kiev: «Troppo alto il rischio»
SIMONE PIERANNIucraina/Mariupol

«Se c’è l'inferno sulla terra è all’Azovstal». Le parole del consigliere del sindaco di Mariupol Petro Andryushchenko a metà pomeriggio di ieri, hanno riportato le vicende degli ultimi soldati ucraini nell’acciaieria all’attenzione generale. L’INFERNO È ANCORA UNA VOLTA procurato dagli attacchi russi che avrebbero provato a sfondare con fanteria e carri armati. Andryushchenko ha anche specificato che tutti gli ucraini sono in debito con chi resiste all’interno del complesso Azovstal, ultimo baluardo che sta impedendo da settimane ai russi di poter ritenere pienamente conquistata la strategica città di Mariupol.
Il riferimento al «debito» degli ucraini sembra anche una risposta a quanto emerge dai sotterranei dell’acciaieria: il Guardian ha pubblicato una galleria fotografica di grande impatto emotivo, mostrando molti dei soldati ucraini mutilati o gravemente feriti avvolti dalle tenebre dei sotterranei dell’acciaieria. Ma sono emerse anche parole, quelle che secondo i militari ucraini sotterrati a Mariupol potrebbero essere anche le ultime. Proprio per questo il peso morale delle ultime esternazioni di Ilya Samoilenko, responsabile dell’intelligence del battaglione Azov e all’interno dell’impianto, assumono un significato particolare.
SECONDO SAMOILENKO «Esiste una via militare per sbloccare la situazione dell’acciaieria di Azovstal, è possibile farlo con mezzi militari, ed è anche possibile con mezzi politici – ha detto a Sky News - Noi possiamo dire come farlo con le armi, ma ovviamente le informazioni su queste operazioni sono riservate». Samoilenko ha poi lanciato un’accusa nei confronti della politica ucraina: «La maggior parte delle persone sedute negli uffici governativi in Ucraina per lo più fraintende la situazione, dal nostro punto di vista la realtà è diversa: i combattenti stanno ancora cercando di incanalare gli sforzi per le migliori opzioni e conseguenze in questa situazione. È sicuro che in caso di conseguenze catastrofiche per la guarnigione di Mariupol ci saranno conseguenze catastrofiche per l’intera Ucraina e il suo popolo». Ma la risposta di Kiev non dà speranze: «Ad oggi, una simile operazione richiederebbe un considerevole numero di truppe perché i soldati ucraini si trovano ad una distanza di 150-200 chilometri».
UNA SITUAZIONE ESTREMA che sembra essere diventata anche un problema politico per Kiev e non limitato alla sola Ucraina. Se infatti le mogli dei soldati di Azovstal avevano inscenato una protesta dispersa dalla polizia nella capitale, ieri sono state ricevute dal papa a Roma. Dopo aver scritto al pontefice hanno ottenuto udienza dando la propria versione di quanto sta accadendo a Mariupol, e chiedendo al papa di «aiutare a salvare i nostri mariti, che sia data loro la possibilità di essere evacuati». Francesco, hanno riportato le donne, «ha detto che pregherà per noi e che farà il possibile. Gli abbiamo chiesto di venire in Ucraina e di parlare con Putin perché se ne vada». E poi arriva la loro versione di quanto sta accadendo nell’acciaieria dove molti soldati sono morti senza la possibilità di essere seppelliti. Inoltre, dentro l’acciaieria, contrariamente a quanto comunicato fino ad oggi dalle autorità ucraine, ci sarebbero ancora civili, «perché ci sono le famiglie dei militari che hanno paura ad essere evacuati perché temono che i militari russi non li lascino andare nei territori ucraini». Questo perché le persone evacuate da Azovstal – secondo le donne – verrebbero mandate in campi di prigionia in Russia.
MENTRE MARIUPOL consuma quelli che potrebbero essere gli ultimi giorni di assedio, benché sia la sensazione che abbiamo da settimane ormai, l’Ucraina ha annunciato di aver ripreso il controllo di 1.200 chilometri del proprio confine, nelle regioni di Kiev, Chernihiv e Sumy, due terzi dei quali costituisce la frontiera con la Russia. Questa nuova situazione è stata spiegata dal direttore del Dipartimento di Stato per la protezione delle frontiere ucraino, Leonid Baran.
Nonostante la situazione sul campo (la Russia bombarda ma non avanza, o avanza poco e in alcuni casi retrocede e non solo per la controffensiva ucraina) il Cremlino continua a mostrare un volto arrogante che non aiuta neanche i tentativi di chi, come Macron, sta piano piano facendo passare il messaggio che prima o poi, comunque vada, con Mosca bisognerà tornare a parlare.
LAVROV, il ministro degli esteri russo, ha sostenuto che al termine dell’operazione speciale (che i russi continuano a non chiamare «invasione») «quando saranno stati raggiunti gli obiettivi prefissati, l’Occidente dovrà smettere di violare la Carta delle Nazioni Unite, promuovere il cosiddetto mondo unipolare dominato dagli Stati Uniti e dai loro alleati».
GLI STATI UNITI tra l’altro non sembrano voler rinunciare all’obiettivo dichiarato di una vittoria ucraina (da capire se si tratta solo di «vittoria» militare o anche di abbattimento del regime putiniano): la Casa bianca ha annunciato un altro piano di sostegno di 40 miliardi di dollari per Kiev. L’Ucraina ha ringraziato con le parole di Zelensky e quelle del ministro degli esteri Kuleba che, nonostante avesse ringraziato nei giorni scorsi anche la Germania dopo le tensioni dei mesi scorsi, ha criticato nuovamente l’Europa: «Migliaia di vite di cittadini ucraini sarebbero state salvate, se gli Usa e gli altri alleati occidentali si fossero fidati di più di Kiev e avessero fornito le armi richieste nei mesi precedenti l’invasione russa».
SECONDO KULEBA inizialmente «i nostri partner erano riluttanti». Parole che stridono con quelle rilasciate dal portavoce del Pentagono John Kirby a Fox News. Secondo Kirby, «l’amministrazione Biden ha inviato armi ben prima dell’invasione. Il primo miliardo di dollari che il presidente ha impegnato in Ucraina includeva un’assistenza letale. E questo è stato prima che Putin decidesse di invadere».

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