COMMENTO

Valori e memoria, cominciamo da Palazzo Madama

Dopo il 25 aprile
GIANNI MARILOTTI*ITALIA/ROMA

Si è celebrata la festa della liberazione dal nazifascismo in un momento drammatico della storia europea. Quel 25 aprile, che per decenni ha visto intere generazioni rinnovare il senso di appartenenza ad una storia comune da cui è nata l’Italia repubblicana.
Oggi l’abbiamo vissuto con sgomento poiché riaffiorano i fantasmi di un passato che credevamo superato per sempre. Mai come adesso urge riflettere collettivamente sul nostro passato per non dimenticare la tragedia delle guerre e impegnarci a costruire un mondo in cui esse vengano bandite quale mezzo per regolare i conti della storia, affinché quello che è stato definito “il secolo breve” non incomba di nuovo sul nostro futuro. Abbiamo bisogno di simboli, di punti di riferimento solidi, di esempi fortificanti per poter alimentare la speranza; soprattutto ne hanno bisogno le nuove generazioni. I luoghi della memoria sono le ubicazioni fisiche degli eventi, ma anche i simboli della storia atroce del Novecento. Le Istituzioni, in queste rievocazioni, hanno talvolta ambedue i ruoli: il muro di palazzo D’Accursio, forato dai proiettili delle esecuzioni naziste, a Bologna diventa il luogo di esposizione delle immagini dei martiri della Resistenza.
La valenza pedagogica viene esaltata quando il luogo è parte di un percorso didattico: con il calo dell’emergenza pandemica, le scolaresche tornano a dedicare gli ultimi mesi dell’anno scolastico alle visite di istruzione e, tra quelle che si muovono al di fuori della loro città, la visita alle sedi degli Organi costituzionali tornerà ad essere contemplata. È in previsione di questo sviluppo che la Commissione per la biblioteca e l’archivio storico del Senato ha proposto di integrare l’apparato iconografico del cortile d’onore di palazzo Madama, tappa d’inizio della visita all’interno del palazzo rinascimentale che ospita la Camera alta del Parlamento nazionale.
È qui, infatti, che il lato chiuso del porticato settecentesco ospitava, in una delle tre lunette, l’antica lapide marmorea che ricordava Vittorio Emanuele II, in occasione della prima seduta del Senato del Regno a Roma nel 1871. Ed è pure qui che la dittatura fascista aveva scelto di rimarcare il suo predominio sulla monarchia sabauda: l’antica lapide fu rimossa per innalzare una stele consacrata alla guerra d’Etiopia, con bassorilievi inneggianti a Mussolini ed alla “conquista dell’impero”. Un cinegiornale reperito presso l’Istituto Luce attesta il trionfalismo con cui fu presentato l’evento al Paese, eloquente spia dei moventi propagandistici con cui il Potere è attentissimo alla valenza simbolica dei luoghi. Abbattuta la stele nel dopoguerra, la lunetta rimase vuota fino a quando la Presidenza del Senato – commissionata al nostro Archivio una ricerca fotografica, che confermò il punto esatto della vecchia installazione – nel 2018 ha disposto il ritorno in sede della lapide sabauda. Opportuno scrupolo filologico, che ci vide tutti unanimi nell’apprezzamento: ma, al contempo, la Commissione che si occupa della politica culturale del Senato ravvisò un’esigenza di completamento che espongo brevemente.
Le lunette del cortile d’onore sono tre. La centrale ha di nuovo la lapide che inneggia all’Unificazione nazionale e che, in virtù del restauro, ha riacquistato una sua lucentezza persino eccessiva. Il percorso con cui il corpo docente avvicina i liceali ai princìpi di educazione civica è meno icastico di un’immagine, che vivida resta negli occhi e nella mente di generazioni oramai lontane da quelle che hanno guadagnato, col ferro e col fuoco, la Repubblica e la Democrazia al nostro Paese. Che cosa possono pensare i ragazzi delle scuole che, a migliaia, torneranno a visitare il Palazzo? L’Istituzione Senato ha forse una continuità inalterata con quella che re Vittorio instaurò nel palazzo di Margherita d’Austria? La forma di Stato e quella di Governo sono forse le stesse di 150 anni fa?
Per questo la Commissione da me presieduta all’unanimità ha proposto di “riempire” le due lunette laterali con immagini simboleggianti eventi altrettanto importanti della Storia nazionale: il 2 giugno 1946 (il referendum istituzionale) ed il 1° gennaio 1948 (la Costituzione). So bene che il melange tra stile antico ed eventi moderni si presta a critiche (anche se nessuno osa accusare di kitch il palazzo di Westminster ed il suo ciclo pittorico e scultoreo aggiornato a ieri): ma qui si tratta di offrire un’iconografia di riferimento a chi viene a Palazzo animato di passione civile.
La proposta che intendo avanzare alla Presidente del Senato proviene dall’esperienza iconografica di villa Falconieri, un centro culturale di eccellenza che ha affidato la decorazione delle sue sale ad un apprezzato riadattamento della simbologia classica alla vocazione internazionale dell’Accademia Vivarium novum, che con la recente acquisizione della villa Lucidi diventa campus mondiale dell’Umanesimo. Il valore aggiunto, del tutto casuale ma assai indicativo in questo momento, è che i due massimi artisti che conducono questo ciclo iconografico sono rispettivamente di cittadinanza russa ed ucraina. Dopo la scelta di Francesco alla Via Crucis, lasciare alla silente eloquenza delle immagini il messaggio di civiltà e di amore è la vera sfida valoriale del XXI secolo.
* Senatore del Pd, Presidente della Commissione Archivio e biblioteca del Senato

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