COMMENTO

Attacchi all’Anpi, il default dell’informazione

Guerra ucraina
DAVIDE CONTIITALIA/ucraina/russia

Sul dirimente tema della guerra e attorno all’Anpi, istericamente aggredita da settimane, si è manifestata una profonda crisi che pare ormai cronica: l’inadeguatezza dell’informazione italiana.
Essa marcia compatta insieme alla crisi della politica incapace, dal canto suo, di svolgere la propria funzione nello spazio pubblico ed usata per alimentare conflitti e diseguaglianze su scala globale.
Di fronte alla guerra di aggressione scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, anziché a un dibattito su come conquistare la pace; sulla natura dei profondi mutamenti economico-globali davanti a noi; sul ruolo dei regimi autoritari come quello di Putin e sulla funzione di quelli democratici, da settimane si assiste ad uno sfogatoio pubblico contro l’Anpi «rea» di aver espresso una posizione di condanna dell’aggressione; di contrarietà all’invio di armi ed a nuove spese militari; di sostegno all’apertura di un negoziato internazionale tra Mosca (ed i suoi alleati) e la Nato che chiami in causa la diplomazia dell’Onu e quella dell’Europa.
Una sensibilità politica su cui si sono ritrovati insieme il papa; il più grande sindacato italiano; una grande area del mondo dell’associazionismo civile; un’ampia parte del mondo cattolico e soprattutto milioni di cittadini e cittadine. E qui sta il punto.
Nonostante mesi di martellante propaganda bellica dei mass-media, la larga maggioranza della popolazione italiana resta contraria alla politica di guerra e alla spirale militare. Da qui la campagna di attacco contro l’Anpi. Una scena già vista nel 2016 quando l’Anpi, di nuovo in sintonia con il Paese, si schierò contro la riforma della Costituzione poi bocciata dal referendum.
Viene contestata la legittimità stessa dell’Anpi ad esistere e si chiede: che diritto ha oggi l’associazione di parlare a nome degli eredi della Guerra di Liberazione?
La risposta è: le donne e gli uomini della Resistenza nel 2006 nel loro congresso decisero di aprire l’Anpi a tutte le persone che, riconoscendosi nei valori dell’antifascismo e della Costituzione, avrebbero fatto esistere l’associazione e i suoi valori oltre la vita dei suoi fondatori. Ci si domanda: cosa avrebbero detto i partigiani della guerra, dell’invio delle armi e dell’aumento delle spese militari?
La risposta è: hanno lasciato scritto nella Costituzione il ripudio della guerra, loro che l’avevano combattuta. Ogni oppresso può cantare Bella ciao, ma certo i partigiani non avrebbero sostenuto il riarmo della Germania o l’aumento delle spese militari italiane ed europee visto che dalla voce di Pertini si alzava forte il grido di «svuotare gli arsenali e riempire i granai». Nel frattempo l‘informazione «egemone» ha subìto una crisi di credibilità enorme presso l’opinione pubblica per il modo in cui ha trattato la guerra di aggressione di Putin, creando una pericolosa reazione di rigetto dai caratteri regressivi che spinge (studio Demos) un italiano su quattro a considerare propaganda ucraìna le notizie presentate dalla stampa o dalla tv e la metà della popolazione a considerare «distorta e pilotata» la rappresentazione dei fatti data dai mass-media. Una questione gravissima che interroga il ruolo fondamentale della libera informazione in democrazia.
Per eludere il fallimento della politica e legittimare l’invio di armi (contrario all’art. 11 della Costituzione) partiti e media hanno poi attinto a piene mani all’uso pubblico della storia evocando paragoni tra la Resistenza del 1943-45 e la naturale e legittima difesa dell’Ucraina dall’invasore russo. D’altro canto lo stesso Putin opera una sconcia strumentalizzazione paragonando l’aggressione al popolo ucraino con la guerra al nazifascismo.
La Resistenza è stata un conflitto con precisi caratteri storici: nacque nel contesto della «Guerra totale», ovvero di una guerra che non poteva non essere combattuta su scala mondiale, mentre quella di oggi può essere fermata; si presentò ai popoli del mondo come elemento di riscatto che voleva la fine della guerra e non il suo prolungamento con altre morti e devastazioni; fu Guerra di Liberazione Nazionale, Guerra civile, Guerra di classe, Guerra di genere. Informando un nuovo diritto dei popoli e della società internazionale; dalla sua radice nacquero gli istituti del nostro tempo presente attraversati oggi da una profonda crisi: Costituzione repubblicana in Italia; Manifesto di Ventotene come carta dei valori dell’Europa unita; Nazioni Unite nel mondo; fu guerra ideologica globale contro il fascismo ed il nazismo.
Impressiona vedere come molti di coloro che oggi usano la Lotta di Liberazione per giustificare la guerra e attaccare l’Anpi siano gli stessi che negli ultimi tre decenni hanno denigrato e insultato in ogni modo la Resistenza; accusato i partigiani di essere stati «assassini» o «inutili»; sostenuto l’equivalenza dei fascisti e degli antifascisti; promosso campagne in favore di nazisti come Erich Priebke; votato leggi di «rivincita anti-resistenziale» (ultima quella sulla giornata nazionale degli alpini, contro la quale si è espressa in questi giorni con chiarezza anche Liliana Segre); intitolato strade e piazze a fascisti di regime e di Salò; innalzato monumenti a criminali come Rodolfo Graziani.
Chi oggi sostiene l’invio di armi riflette sul dilemma dell’escalation - come ha scritto sul manifesto Francesco Strazzari - ovvero è pronto alla Terza guerra mondiale (atomica)?
Nel dopoguerra vennero fondati i «Partigiani della Pace» che non erano stati pacifisti ma che lottavano per la pace.
Ecco l’ennesimo grande lascito della Resistenza difeso dall’Anpi. L’idea che la pace si conquista con la lotta. Con la lotta alla guerra.

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