INTERNAZIONALE

Tour in Europa dell’est, la Cina annusa l’aria

UN TEMPO ERA TUTTA VIA DELLA SETA
SIMONE PIERANNIcina/europa

C'è stato un momento nel quale si pensava che il formato 17+1, ovvero la rete dell'Europa orientale costruita nel tempo da Pechino, potesse diventare una sorta di cavallo di Troia nella disponibilità cinese per deflagrare dall'interno il continente europeo. Era un momento diverso da oggi: la Cina ampliava la sua rete di cooperazione sulla nuova Via della Seta, era il periodo di adesioni anche da parte di paesi della Ue (anche l'Italia firmò il memorandum) e più in generale di grande ottimismo rispetto a potenziali accordi con Bruxelles.
Poi – come tante altre relazioni internazionali con al centro Pechino – la situazione è cambiata: l'arrivo di Biden ha riportato l'Europa all'epoca delle scelte di campo, complicando la vita a paesi come Germania e Francia, più propensi a muoversi in autonomia anche rispetto alla Cina. Poi è fallito il Cai, l'accordo sugli investimenti tra Bruxelles e Pechino, con coda polemica di sanzioni incrociate a proposito di diritti umani e repressione cinese nella regione dello Xinjiang.
Infine il 17+1 è diventato 16+1 a causa della defezione lituana, ufficialmente per un tornaconto commerciale deludente, ma risultato di uno scontro rovente a causa dei rapporti tra Vilnius e Taiwan, così come è di gennaio l'ultima polemica con la Slovenia sempre riguardo la vicinanza del paese europeo con Taipei. L'invasione russa dell'Ucraina ha ulteriormente complicato le cose, a causa della posizione cinese di mancata condanna pubblica dell'avventura militare di Putin (sebbene rispettando le sanzioni imposte dall'Occidente); una postura che a parte qualche paese come l'Ungheria ha preoccupato il resto dell'area. Per questo motivo Pechino ha dato via a una sorta di tour dell'Europa orientale, cominciato lunedì e che vedrà come tappe del viaggio di Huo Yuzhen, rappresentante speciale per la cooperazione tra Cina e Europa centrale e orientale, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Slovenia, Estonia, Lettonia e Polonia.
Non c'è la Serbia e l'assenza di Belgrado permette di comprendere i motivi di questo tour: l'intenzione di Pechino è quella di rassicurare i paesi scettici sulla propria postura e la Serbia non è tra questi, considerati i rapporti tra i due paesi (sanciti, di recente, dall'invio di armi da parte di Pechino nei confronti di Belgrado). Come ha scritto ieri il Global Times «il viaggio mira a promuovere ulteriormente la cooperazione poiché quest'anno ricorre il decimo anniversario del meccanismo Cina-Paesi dell'Europa orientale e a respingere i malintesi, in particolare sulla posizione della Cina sulla crisi ucraina». Il quotidiano di Hong Konk South China Morning Post ha riportato il parere di alcuni analisti, sia cinesi, sia europei. Secondo Wang Yiwei, professore di studi europei alla Renmin University di Pechino, «la visita è molto opportuna e necessaria» perché Pechino aveva bisogno di chiarire le sue posizioni sulla guerra in Ucraina. Secondo l'analista Justyna Szczudlik dell'Istituto polacco per gli affari internazionali, il viaggio servirà a «controllare i danni» perché i paesi dell'Europa centrale e orientale sono «molto delusi" dalla posizione di Pechino sull'invasione russa dell'Ucraina». Rassicurare, controllare i danni, percepire e raccogliere informazioni, sono questi dunque gli obiettivi che Pechino si pone, all'interno di una cornice che vede la Cina tentare di recuperare il rapporto con l'Europa: a suo modo la Cina sta comunicando, vedremo se sarà sufficiente per recuperare un'agibilità commerciale - ancora prima che politica - che ora appare a rischio. Uno dei tanti che la guerra in Ucraina sta caricando su un paese che tra Covid e crescita dopo lungo tempo sembra costretto a rincorrere.

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