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Aldo Garzia ci ha regalato una giornata particolare

VINCENZO VITAITALIA/ROMA

Nel cortile della Centrale Montemartini, gentilmente concesso dalla Sovrintendenza dei musei capitolini, si è svolto nella mattinata di ieri il ricordo di Aldo Garzia, coordinato da Famiano Crucianelli.
Un bel sole ha illuminato una cerimonia piena di dolore, ma pure di passioni e di un forte senso di appartenenza. Le duecento persone che si sono ritrovate davanti alla sede dell’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico hanno dato l’idea di cosa è stato il manifesto, di cui Aldo fu tra i promotori fin dall’epoca del ginnasio ad Imperia, in quel ponente ligure che ha dato non poco alla politica e alla cultura italiane. Tra gli altri, Alessandro Natta, l’ex segretario del partito comunista italiano su cui è imperniato uno dei numerosi libri di Garzia (Da Natta a Natta, il testo in cui si fa la storia proprio del gruppo radiato dal Pci e per qualche anno rientrato dopo la scomparsa di Enrico Berlinguer). E tante più cose di quanto si pensi. Per dirne una: il ricordo di un viaggio in treno con Aldo e un allora assai giovane Fabio Fazio, savonese come Carlo Freccero o Tatti Sanguineti. Anzi, se l’ormai famoso conduttore ci leggerà, gli proponiamo di presentare a Che tempo che lo scritto che purtroppo uscirà postumo.
Luciana Castellina ha svolto un ricordo molto intenso. Lei fu protagonista della nascita del gruppo -che divenne un giornale e un partito- insieme a Lucio Magri, Rossana Rossanda, Eliseo Milani, Luigi Pintor, Valentino Parlato, Lidia Menapace, Filippo Maone: l’anima, la coscienza e la famiglia di Garzia. Di quella storia da rileggere per il suo valore rabdomantico e prefigurante (per esempio, sulla degenerazione autoritaria della Russia) Aldo è stato partecipe attivo e narratore autentico. Tanto che l’immenso patrimonio di conoscenze e di documentazione rischia di disperdersi, se non si provvede a salvare il tabernacolo laico custodito nella casa del Testaccio, il quartiere di Roma amato e in cui lui era riamato. Al ricordo hanno partecipato, non per caso, vicine e vicini di casa. A partire dalla compagna e collega di sempre Ida Dominijanni, intervenuta con sincera commozione ricordando un poco noto scritto su Enrico Mattei.
Famiano Crucianelli e Filippo Maone hanno aggiunto elementi significativi, importanti per restituire il giusto valore ad un compagno forse fin troppo bravo per il suo tempo e non sempre valorizzato adeguatamente. Ad un’intelligenza politica non comune si coniugavano in un affascinante eclettismo l’enorme sapere musicale (Gino Paoli ha accompagnato con alcuni brani celeberrimi la mattinata) ricordato da un amico del cantautore genovese, Corrado Mastrolilli; nonché un lavoro rigoroso sulla figura del regista Ingmar Bergman ispiratore di un volume davvero profondo e di visite nell’isoletta di Faro, vero e proprio luogo di culto. Ne ha parlato un intervento non formale di una rappresentante dell’ambasciata svedese.
E poi, Cuba, l’altra enorme fascinazione, tanto che una piccola bandiera firmata da Fidel Castro veleggiava accanto al palchetto, sotto il gazebo. Hanno portato il loro saluto appassionato José Felipe Chaples, consigliere economico e commerciale dell’ambasciata; e Frank Gonzales, corrispondente in Italia della testata Prensa latina.
Una cospicua folla di amiche e amici, compagne e compagni di varie età dell’impegno di Aldo Garzia hanno seguito una cerimonia amara e tuttavia forte di legami non fuggevoli. Citiamo le brevi orazioni di Michele Padula o di Riccardo Barenghi, ad esempio. Lo spazio concesso non poteva consentire troppi discorsi, ma un’iniziativa più compiuta certamente seguirà.
Una famiglia acquisita e un pezzo di famiglia vera. Le sorelle Dora, Giovanna e Maurizia sono state vicine ad un fratello così prematuramente scomparso. Maurizia ha testimoniato il tratto umano più antico di un ragazzo già preso, forse troppo unilateralmente, dalla politica. Una smorfia di un dolore non troppo sorvegliato ha segnato il ricordo letto con fatica da Maurizia, che ci ha indotto a pensare che Aldo – come parecchi di noi- non ha saputo dire a Marx di aspettare. Però, che orgoglio per un uomo grande che se n’è andato.

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