EUROPA

In discussione la neutralità, Svezia tentata dalla Nato

IL DIBATTITO IN FINLANDIA CONDIZIONA LA DECISIONE
CRISTIANO LANZANOfinlandia/svezia/stoccolma

Nel 2018, la protezione civile spedì a ogni nucleo familiare svedese un opuscolo illustrato, intitolato Om krisen eller kriget kommer («se arriva una crisi o una guerra»). Il libretto spiegava, tra le altre cose, come fare scorte alimentari, o come reperire i rifugi sotterranei tuttora presenti nella maggior parte dei condomini, e incoraggiava cittadini e residenti a impegnarsi per la difesa della sicurezza nazionale. Nonostante gli occasionali episodi di sconfinamento di aerei o sottomarini russi nello spazio svedese, quell’iniziativa apparve a molti come un eccesso di prudenza, o un singolare ritorno a un clima di guerra fredda. Quattro anni dopo, una guerra è effettivamente arrivata nelle vicinanze, e l’invasione russa dell’Ucraina polarizza il dibattito pubblico sulla sicurezza e la politica estera. Mentre i partiti si preparano alla campagna elettorale per le legislative di settembre, una questione si profila come centrale: la possibile adesione alla Nato.
Finora, la neutralità militare o alliansfrihet (letteralmente, «libertà dalle alleanze») continuava a essere rivendicata come un valore di riferimento dal governo socialdemocratico di Magdalena Andersson e dagli altri partiti - ecologisti e partito di sinistra - che gli garantiscono un sostegno esterno. I partiti di centrodestra invocano invece da più tempo l’adesione alla Nato e ne fanno una promessa elettorale, cavalcando il recente cambiamento dell’opinione pubblica che appare gradualmente sempre più favorevole al patto atlantico (a marzo una rilevazione Novus mostrerebbe un 49% di svedesi favorevole all’adesione, il dato più alto di sempre). Cambiamento che ha convinto anche l’estrema destra dei Democratici di Svezia, tradizionalmente più isolazionisti e in passato accusati di essere vicini a Putin, ad aprire all’ipotesi.
Il dibattito nella vicina Finlandia, il cui parlamento sta discutendo un white paper sulla sicurezza che potrebbe prefigurare un ingresso del paese nella Nato, rischia di far slittare gli indecisi: in caso di ingresso della Finlandia, la Svezia resterebbe l’unico paese militarmente neutrale tra quelli con un affaccio sul mar Baltico, con le sue coste e le sue isole potenzialmente esposte alle unità militari russe dispiegate nell’enclave di Kaliningrad. Dibattito che rischia di essere viziato dalla diffusione di un video che mostrerebbe truppe russe ammassarsi lungo il confine finlandese. Un tentativo di fare pressione sulla politica finlandese, secondo il quotidiano di Helsinki Yle, che, citando la Reuters, riporta la dichiarazione del segretario stampa del Pentagono John Kirby rilasciata martedì: nessuna prova di movimenti anomali alla frontiera.
Ieri la premier socialdemocratica finlandese Sanna Marin era in visita ufficiale a Stoccolma, e ha discusso privatamente della questione con la sua omologa Andersson, che in una successiva conferenza stampa si è limitata a riconoscere l’urgenza della decisione e l’importanza di una scelta coordinata con il vicino orientale. Fonti non confermate del quotidiano conservatore Svenska Dagbladet suggeriscono però che la premier svedese sarebbe pronta ad avviare la richiesta di adesione già entro l’estate. La Finlandia invece «prenderà una decisione nelle prossime settimane», ha annunciato ieri Sanna Marin al termine dell’incontro.
Se il dibattito sull’adesione alla Nato si ripresenta periodicamente da anni, l’emergere di dubbi tra i politici e gli elettori socialdemocratici, impensabile fino a pochi mesi fa, potrebbe mettere seriamente in discussione un punto fermo della politica svedese da decenni. Nonostante abbia conosciuto molte eccezioni - dalla partecipazione di militari svedesi a missioni internazionali anche a guida Nato, agli accordi segreti di cooperazione e scambio di intelligence con gli Stati Uniti firmati negli anni ’50 e rivelati alcuni anni fa dai leak di Snowden - la neutralità resta una componente simbolicamente importante dell’eccezionalismo svedese. Inaugurata dopo le guerre napoleoniche, che comportarono la dolorosa perdita dei territori finlandesi a favore dell’impero russo, nel XX secolo assunse un ulteriore significato con il tentativo di costruzione di una “terza via” socialdemocratica, garantendo al paese prosperità economica mentre il resto dell’Europa era impegnato nella ricostruzione postbellica.
Il clima politico e mediatico attuale è molto polarizzato e restringe notevolmente lo spazio per prese di posizione pacifiste o attendiste. Anche chi si oppone all’ingresso nella Nato generalmente appoggia l’invio di armi in Ucraina e il riarmo interno con un innalzamento delle spese militari al 2% del Pil, non a caso entrambi provvedimenti approvati con il voto pressoché unanime del parlamento. Il partito di sinistra, inizialmente esitante sul primo punto, ha nel giro di due giorni capovolto la propria decisione. La segretaria Nooshi Dadgostar ha perfino pubblicato, in un’insolita mossa mediatica, delle foto in cui è circondata da un gruppo di ufficiali in divisa impegnati in un’esercitazione, nel tentativo di ribadire il suo sostegno all’esercito svedese e alla sua autonomia rispetto ad alleanze internazionali. L’unico interlocutore politico dell’elettorato esplicitamente pacifista resta ora il piccolo partito Iniziativa Femminista, non rappresentato in parlamento.
In ogni caso, rinunciare alla neutralità implicherebbe una rivoluzione copernicana nell’immagine che la Svezia proietta di se stessa. Questo vale specialmente per i nostalgici dell’età d’oro socialdemocratica, ormai in crisi dagli anni ’90 per l’alternanza con i governi di centrodestra e l’ondata di privatizzazioni. Come ha espresso in un tweet il poeta e saggista Göran Greider, intellettuale d’area e fedele alla linea del governo, «se la Svezia entra nella Nato, si completerà la trasformazione di questo paese in una ‘nazione mainstream’. Finiremo per annoiare il resto del mondo».

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