EUROPA

Perché Putin potrebbe essere giudicato dalla Corte penale internazionale

DALLA FINE DI FEBBRAIO IL PROCURATORE RACCOGLIE INFORMAZIONI SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI DELL’ESERCITO RUSSO
MARCO PERDUCArussia/ucraina/Olanda/aja

Il dibattito pubblico sulla guerra contro l’Ucraina inizia a prendere in considerazione anche la giustizia internazionale. L’Italia, che nel 1998 ha ospitato l’atto di nascita della Corte Penale Internazionale (Cpi), può fare molto oltre che valutare le opzioni tecniche sul tavolo: contribuire con informazioni e risorse alle indagini avviate dal Procuratore Khan, terminare l’adeguamento dei propri codici per collaborare appieno con la Corte e, cosa non marginale in questo frangente, ragionare su procedimenti in contumacia.
Ma prima i fatti: il 1 luglio 2022 si celebra il XX anniversario dell’entrata in vigore dello Statuto di Roma che ha istituito la CPI, ratificato da 123 Stati. Si tratta di un organo internazionale con competenza su crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità e, dal 2010, sull’aggressione. Trattandosi di crimini la responsabilità penale è individuale e non degli Stati; non essendo parte del sistema delle Nazioni unite la Corte dell’Aia ha competenza su quanto commesso sul territorio di uno Stato che ha ratificato il Trattato di Roma o su suoi cittadini - vittime o criminali che siano.
La Cpi ha firmato accordi con l’Onu e non è esente dalle decisioni del Consiglio di Sicurezza che può riferire una situazione per delle indagini (Darfur) oppure sospenderle (e poi bloccarle) in caso minaccino la «pace e sicurezza internazionale». Ha un carcere, può spiccare mandati di cattura ma, non avendo una «polizia» propria, deve contare sulla collaborazione degli Stati parte per catturare i responsabili.
Ha quasi 700 dipendenti, un bilancio annuale di circa 155 milioni di euro (poco meno di 1/10 di quello della Camera dei Deputati) e al momento ha dossier aperti su 20 situazioni. Dalla fine di febbraio l’ufficio del Procuratore sta raccogliendo informazioni sulle violazioni del diritto umanitario internazionale commesse in Ucraina (dalle varie parti in conflitto). Anche se il Presidente Zelensky ha più volte fatto riferimento al genocidio, crimine per cui occorre il dolo, è evidente dai reportage che siano stati attaccati obiettivi civili, e che si sia di fronte a non occasionali e massicce uccisioni di persone non armate e delle loro proprietà - quindi crimini di guerra e contro l’umanità.
È indubbio che siamo di fronte all’aggressione di uno Stato sovrano contro uno Stato vicino. Senza entrare (per ora) nel merito del perché, siamo di fronte a una pianificazione, preparazione, scatenamento o esecuzione - da parte di una persona in posizione di esercitare un controllo effettivo, o di dirigere un’azione politica e militare di uno Stato - di un atto di aggressione. A metà marzo la Corte internazionale di giustizia, organo dell’Onu con competenza sulle dispute tra Stati, ha negato che la Russia possa aver dovuto agire per bloccare un genocidio pianificato dall’Ucraina nei confronti delle popolazioni russofone che vivono nella regione del Donbass.
Alle indagini del Procuratore si aggiungeranno quelle degli ucraini, di Ong locali e internazionali e le testimonianze delle vittime - a cui il Trattato di Roma riconosce un’importante parte in causa nei procedimenti. La documentazione dei crimini dovrà naturalmente interessare anche le violazioni del diritto di guerra commesse dall’esercito ucraino e dai gruppi paramilitari attivi su quel territorio. Sarà fondamentale ricostruire le catene di comando e le responsabilità penali quanto politiche di quanto accaduto.
L’Ucraina non è parte dello Statuto ma già due volte ha accettato la giurisdizione della Corte sui reati presuntamente commessi sul suo suolo. La prima per crimini commessi dal 21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014, la seconda estendendo a tempo indeterminato l’accettazione per comprendere i crimini commessi in tutto il territorio dell'Ucraina dal 20 febbraio 2014 in poi a seguito dell’annessione della Crimea. Se questo riconoscimento facilita una parte del lavoro di indagine resta la complicazione dell’avere a che fare con un membro permanente del Consiglio di Sicurezza che può vietare il lavoro del Procuratore e di dover arrivare a processare un capo di Stato in ufficio visto che l’articolo 63 dello statuto esclude i processi in absentia. Quindi molto rumore per nulla? Esiste un solo precedente di un tribunale internazionalizzato, quello sul Libano, che ha processato qualcuno in contumacia.
La gravità del conflitto in corso, per non parlare della sua minaccia alla pace e sicurezza internazionale legata al possibile uso di armi non convenzionali fino ad arrivare all’atomica, o di possibili incursioni in Moldavia, Baltico o nelle regioni confinanti con l’Ue, dovrebbe non escludere aprioristicamente la contumacia. In conformità con i più alti standard internazionali sui diritti umani, se si garantisce il diritto a un nuovo processo proceduralmente equo per un imputato, ci potrebbero essere argomenti a favore dello svolgimento di processi in contumacia. Siamo di fronte a circostanze eccezionali in cui i benefici potrebbero superare gli aspetti negativi. Come sempre occorre la volontà politica.

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