VISIONI

Addio Abiko, mangaka col gusto dell’horror

Maboroshi
MATTEO BOSCAROLGIAPPONE/Kawasaki

Si è spento nella mattinata di ieri a ottantotto anni, nella sua abitazione di Kawasaki, il mangaka Fujiko A. Fujio, nom de plume di Motoo Abiko. Il suo nome rimane indelebilmente legato alla sua collaborazione con l’amico e collega Fujiko F. Fujio, vero nome Hiroshi Fujimoto, con cui per molti anni ha formato una coppia artistica che si firmava Fujiko Fujio.
Abiko, come l’amico Fujimoto, nasce nella prefettura di Toyama nel 1934 e fin da bambino si dimostra interessato al disegno e alle storie a fumetti, tanto che assieme al compagno, alla fine degli anni quaranta, comincia a realizzare delle storie che proietta sul muro della propria stanza.

Entrambi profondamente ispirati dalle opere di Osamu Tezuka, specialmente Shin takarajima, La nuova isola del tesoro, i due debuttano ufficialmente con una storia nel 1951, ancora studenti di scuole superiori, e nello stesso anno visitano e mostrano un loro nuovo lavoro a Tezuka che, colpito, li incita a continuare e perseverare nella loro passione. Finite le scuole i due realizzano nel 1953 il loro primo lavoro seriale, Utopia: saigo no sekai taisen (Utopia: l’ultima guerra mondiale) una storia post apocalittica chiaramente ispirata al tratto di Tezuka e l’anno successivo decidono di trasferirsi nella capitale. Qui abitano in piccole stanze in affitto nel Tokiwa-so, famoso edificio che al tempo ospita molti giovani mangaka che sarebbero in seguito diventati nomi di rilievo nell’editoria dell’arcipelago, dallo stesso Tezuka fino a Shotaro Ishinomori. I ritmi inumani e le paghe misere a cui erano sottoposti gli artisti che abitavano l’alloggio, impegnati non solo in lavori propri, ma anche in collaborazioni per opere di Tezuka, decretarono l’uscita dei due artisti dal palazzo per concentrarsi su altri progetti. Agli inizi degli anni sessanta, Abiko e Fujimoto fondano una propria compagnia per la creazione di manga, la Fujiko Studio Co. ed assieme ad altri artisti e produttori lo Studio Zero, con cui realizzano serie animate per la televisione. È di questo periodo forse la loro collaborazione ufficiale più nota, vedremo più tardi il perché di questa dicitura, Obake no Q-taro, storia a fumetti poi trasposta in un popolare cartone animato, storia di un simpatico fantasma che vive con una famiglia giapponese. In nuce si possono già scorgere alcune caratteristiche che saranno successivamente sviluppate in quello che è il manga più famoso uscito dall’immaginazione di Fujimoto, Doraemon. Benché la collaborazione fra i due sia continuata fino al 1987, per distinguere quali opere fossero create da chi, i due invece di firmarsi con il nome collettivo Fujiko Fujio cosa che fecero per i primissimi lavori, adottarono gli pseudonimi Fujiko F. Fujio (Fujimoto) e Fujiko A. Fujio (Abiko).

Le opere più conosciute realizzate da Abiko durante questo sodalizio trentennale sono senza dubbio Ninja Hattori-kun (Nino, il mio amico ninja) e nel nostro paese soprattutto Kaibutsu kun (Carletto il principe dei mostri), entrambi trasformati in due popolarissime serie animate ed in seguito anche in serie televisive e lungometraggi. Mentre i manga creati da Fujimoto durante tutta la sua carriera - morì di cancro nel 1996 - si concentrano più su un target per bambini, quelli di Abiko, pur rimanendo prodotti per giovanissimi, hanno delle sfumature più mature che spesso sfociano anche nell’orrore. A questo proposito va ricordato almeno Warau serusuman (The Laughing Salesman) storia di un uomo d’affari dal sorriso sinistro che come in una parabola demoniaca promette di soddisfare i desideri dei suoi clienti che finiscono inevitabilmente per autodistruggersi.

matteo.boscarol@gmail.com

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