POLITICA

Vaia nominato direttore generale dello Spallanzani tra le polemiche

LA RICONFERMA GRAZIE A UNA LEGGE SULLA CAPIENZA DEGLI STADI
ANDREA CAPOCCIITALIA/ROMA

La Commissione sanità della Regione Lazio ha ufficializzato la nomina di Francesco Vaia a direttore generale dell’istituto “Lazzaro Spallanzani” di Roma dopo la designazione da parte dell’assessore regionale alla salute Alessio D’Amato. Era la candidatura più scontata: Vaia era già direttore generale “facente funzioni” dal febbraio del 2021, quando la precedente dg Marta Branca era stata trasferita. Ma era anche quella più discussa. Con Vaia direttore, il prestigioso istituto di cura e ricerca si è trasformato in un centro di potere politico locale e internazionale. Spingendo molti medici e ricercatori importanti a lasciare.
La designazione ha avuto il voto favorevole di 14 membri della commissione su 15 (unico contrario il consigliere No Vax Davide Barillari). Ma l’iter non è stato cristallino. L’incarico di “facente funzioni” mantenuto da Vaia per oltre un anno è infatti un’anomalia. Una volta trasferita la dg precedente, la procedura prevedeva la nomina di un commissario per gestire il passaggio dei poteri a una nuova direzione. Secondo questa prassi, il 67enne Vaia non sarebbe potuto diventare dg avendo superato l’età massima prevista per ricoprire l’incarico. Evitare il commissariamento ha dato il tempo a una «manina» parlamentare di alzare l’età massima a 68 anni con i voti della destra, di Italia Viva e anche del sottosegretario alla salute Pierpaolo Sileri. La nuova soglia era legata allo stato di emergenza pandemica e costringeva D’Amato a effettuare la nomina di Vaia entro il 31 marzo. Come puntualmente avvenuto.
La decisione non stupisce. In passato, l’assessore aveva scritto parole durissime contro Vaia, coinvolto in inchieste per malversazioni nelle Asl di Campania e Lazio. Con un inspiegabile dietrofront, nella gestione della pandemia D’Amato ha formato con Vaia un sodalizio fortissimo da cui sono scaturite molte scelte condivise.
Quella più controversa è la collaborazione con l’istituto Gamaleya di Mosca per lo sviluppo del vaccino russo. D’Amato aveva proposto di produrlo nel Lazio e lo Spallanzani si è messo a disposizione per certificarne l’efficacia, con studi ritenuti discutibili da parte della comunità scientifica. La collaborazione con Mosca, trapela da fonti del ministero degli Esteri, non era stata concordata con la Farnesina. Con l’invasione in Ucraina è diventata imbarazzante anche sul piano diplomatico costringendo lo Spallanzani a chiuderla in fretta. Non prima di aver «dimostrato» che il vaccino russo sarebbe migliore del Pfizer ma senza aver mai pubblicato i dati sulla campagna di vaccinazione con Sputnik a San Marino. Nel dubbio, la repubblica del Titano per il booster è passata a Pfizer.
Anche la collaborazione con Reithera per lo sviluppo di un vaccino italiano è stata nebulosa. Lo Spallanzani era capofila dei 35 centri che dovevano verificarne l’efficacia iniziando a reclutare i volontari già nel marzo 2021. Ma allo Spallanzani la sperimentazione non partì mai. Senza alcuna spiegazione da parte dell’Istituto e con grande delusione per i suoi ricercatori, esclusi da una ricerca di grande rilevanza. Due mesi dopo l’«auto-sabotaggio», dalla Corte dei Conti arrivò lo stop all’investimento pubblico su Reithera.
In questi mesi, i dissidi con Vaia hanno convinto molti ricercatori importanti ad andarsene. Si è trasferito al ministero l’ex-direttore scientifico Giuseppe Ippolito. Via la direttrice della virologia Maria Capobianchi e la vice Rosalba Castilletti. Fuori anche il capo-dipartimento clinico Nicola Petrosillo, il direttore della microbiologia Antonino Di Caro, la microscopista Roberta Nardacci, il direttore amministrativo Roberto Noto e pure la direttrice degli infermieri Alessia De Angelis. Dopo la conferma di Vaia, ricostruire la credibilità del principale istituto di ricerca italiano sulle malattie infettive non sarà facile.

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