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Se il cantiere si ferma

MARIO DI VITOITALIA

Le ruspe e le gru del più grande cantiere d’Europa si sono fermate. E, nella migliore delle ipotesi, non ripartiranno prima della prossima settimana. L’Ance (l’Associazione nazionale dei costruttori edili) ha proclamato una serrata di protesta contro i rincari delle materie prime e tra le Marche, l’Abruzzo, il Lazio e l’Umbria questo significa stoppare i lavori di ricostruzione post-sisma.
A QUALCHE MESE dal sesto anniversario della notte che distrusse ogni cosa, la situazione è ancora molto lontana dalla normalità: sin qui l’impegno effettivamente riconosciuto da tutti del commissario Giovanni Legnini, ci sono 843 imprese all’opera su 6.946 cantieri avviati per 17,6 miliardi di spesa previsti e 22.153 domande d’intervento presentante che riguardano altrettanti edifici privati. Un’enorme mole di lavoro che i più ottimisti pensano non sarà smaltita prima di un decennio.
«Chiudiamo adesso per non dover chiudere per sempre - dice con una certa dose di enfasi Stefano Violoni, presidente della sezione marchigiana dell'Ance -, i problemi ci sono sempre stati ma la guerra in Ucraina incide negativamente perché, oltre all’aumento dei costi, porta carenza di materiali». I numeri, in effetti, per come li elenca Violoni, sono impressionanti: «500-600% in più per l’energia, 200% per il ferro e l’acciaio, 30% per il calcestruzzo. In media l’aumento è del 70-80% e questo pone almeno il 30% delle imprese a rischio chiusura da qui a breve».
La crisi si ripercuote dunque in maniera drammatica sull’enorme cantiere del terremoto, dove il tempo non passa mai e la lotta è soprattutto quella per la sopravvivenza di paesi e borghi che continuano a spopolarsi. È un discorso che, in fondo, si fa dall’inizio di questa storia, cioè dall’agosto del 2016: qui c’è un pezzo d’Italia che potrebbe scomparire, inghiottito dal disastro del sisma e dalle numerose difficoltà che lo hanno seguito, dalla ricostruzione lenta alla sostanziale assenza di un’economia in grado di consentire agli abitanti dell’Appennino di vivere senza doversi dare al pendolarismo estremo verso la costa e le città più grandi.
Legnini è consapevole di quanto la serrata degli edili sia un pessimo segnale, e nella sua corsa ai ripari ci tiene a sottolineare che, almeno per le imprese, nulla è andato perso e tutto è ancora risolvibile: «Il governo è attento alla nostra situazione e non abbiamo assolutamente problemi di copertura finanziaria per gli interventi, nell’ultima manovra sono stati stanziati sei miliardi di euro». Cruciale, comunque, sarà la ridefinizione del prezzario unico del cratere, che determina l’omogeneità dei prezzi per le attività connesse alla ricostruzione e, di fatto, rappresenta il vademecum per stabilire gli importi degli appalti: le tabelle sono ferme al 2016, con un piccola e parziale revisione fatta soltanto nel 2018 .
«Il mio parere sulla serrata non può che essere critico - dice ancora Legnini -, bisogna capire che qui c’è gente che ha perso tutto e che aspetta di poter tornare a casa propria. Capisco benissimo che la situazione sia straordinaria ed eccezionale nella sua difficoltà, ma credo che tutte le parti sociali debbano impegnarsi per trovare una soluzione. La speculazione sui prezzi è evidente, il legislatore non ha certo vita facile nell’affrontarla e tutto questo, purtroppo, ha delle ripercussioni anche sulle imprese».
A BREVE IL COMMISSARIO rilascerà una nuova ordinanza che toccherà tre punti fondamentali: oltre al prezzario, infatti, verrà proposta una soluzione per mandare avanti i cantieri già attivi e poi si ridefinirà il cronoprogramma degli interventi, che ovviamente subiranno uno slittamento in avanti. Vuol dire, in buona sostanza, che i tempi della ricostruzione si allungheranno ancora, e non tanto per la serrata in sé quanto per la situazione generale del mondo dell’edilizia, che nei mesi passati appariva in ripresa un po’ ovunque e che invece adesso si ritrova esposto allo spettro del crollo.
IL RESTO DELLA mediazione, l’Ance dovrà cercarla con le regioni. Tra le richieste ce ne sono alcune destinate a far discutere, come quella che riguarda l’eliminazione delle gare d’appalto sottocosto e quella che mira a una moratoria sui mutui, questione che in effetti riguarda migliaia di terremotati, che li hanno contratti su case che sono crollate. Ogni anno, puntuale a fine dicembre, si consuma lo spettacolo della corsa all’emendamento giusto da inserire nel Milleproroghe per stopparne i pagamenti, ma di una soluzione strutturale al problema non si è mai discusso seriamente e, prima o poi, le banche rivorranno i prestiti che hanno erogato in passato.
Fonti sindacali, intanto, riferiscono che la soluzione tampone per cercare di non fermare completamente la filiera edilizia sarà quella di attivare un periodo di cassa integrazione straordinaria.

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