COMMENTO

Biden, il rischio di perdere la guerra in casa

Stati uniti
GUIDO MOLTEDOucraina/russia/usa

La fake news del trasferimento di 28 MiG-29 dall’aviazione polacca a quella ucraina dà la misura dell’inaffidabilità dell’alleato europeo strategicamente più importante, in questo momento, degli Usa, la Polonia, mentre è in corso la più grave crisi dal dopoguerra.
La sottosegretaria di stato Victoria Nuland ha detto candidamente di averla appresa mentre era in macchina alla volta del Congresso, proprio per un’audizione sull’Ucraina. Al segretario di stato Anthony Blinken, in visita a Varsavia, pochi giorni fa, non era stato detto nulla.
E, AD ACCRESCERE l’imbarazzo americano, la “notizia” è stata diffusa mentre la vicepresidente Kamala Harris era in volo verso la Polonia, per incontrare il vertice polacco e i profughi ucraini. Il Pentagono ha dovuto smentire con forza: scelta «non sostenibile».
Non solo è stato dato un annuncio senza fondamento; nel darlo si è messa in clamorosa evidenza la contrarietà degli Stati Uniti a un’escalation, peraltro diretta, del coinvolgimento della Nato e degli Usa nel conflitto ucraino. Un’ovvietà dal punto di vista sia militare sia politico, ma un colpo alla reputazione dell’America presso chi ne lamenta la cautela e chi invoca la partecipazione diretta della Nato sul terreno come unico modo per fermare il massacro.
Compito arduo, adesso, per Kamala Harris spiegare ai profughi ucraini che incontra a Varsavia e poi a Bucarest il no americano al rafforzamento dell’aviazione di Kiev ma anche alla costituzione di una “no fly zone”, mentre ancora ieri Zelensky la chiedeva con determinazione nel suo infervorato intervento al parlamento britannico. È la prima vistosa crepa nella delicata gestione della crisi ucraina da parte di Joe Biden, deciso a condurre le operazioni sia militari sia politiche “leading from behind”, guidando da dietro, per motivi tattici - anche domestici - e per ragioni strategiche.
FAR SEDERE SUI SEDILI anteriori gli europei, in questa crisi senza precedenti, ha l’evidente vantaggio, per la Casa bianca, di esporli, per la prima volta, in un’impresa dai costi elevatissimi, da ogni punto di vista, e dai rischi altrettanto elevati. In passato era soprattutto l’America a metterci la faccia. E soldi e soldati.
PRIMO FRUTTO di questa scelta politica, il riarmo tedesco e l’incremento dei budget militari degli alleati europei. Ora il passo falso polacco, da un lato, e le insistenze della leadership ucraina, dall’altro, mettono però in luce la crescente difficoltà della linea fin qui adottata da Biden, che lo sarà ancor di più in presenza del prossimo ulteriore inasprimento delle operazioni militari russe.
La politica del “leading from behind”, nei calcoli di Biden, comporta conseguenze meno severe per l’America rispetto all’Europa, soprattutto dal punto di vista dell’immane emergenza profughi.
Ma la peculiare postura americana è dettata soprattutto da calcoli di politica interna. Riequilibrare il peso della Nato - cioè far spendere di più e coinvolgere di più gli alleati - è da tempo un tema ricorrente negli Usa, agitato periodicamente contro gli europei, riluttanti secondo gli iperatlantisti, ingrati, sul versante opposto, per l’elettorato AmericaFirst che considera l’Alleanza un inutile spreco dei loro soldi a favore dei furbi e antipatici europei (Donald Trump ha costruito su questo una fetta del suo consenso).
MA LA PRUDENZA di Biden è dettata soprattutto dalla consapevolezza di un conflitto che solo una parte del pubblico americano segue con apprensione. Basta leggere le prime pagine dei tanti giornali locali, vedere le piccole emittenti: da giorni l’Ucraina è solo una delle notizie, neppure la più importante, quando non è del tutto assente.
E POI, ANDANDO a indagare dentro l’America, non solo quella delle coste, si scopre che la guerra non ci sarebbe neppure stata, se alla Casa Bianca non ci fosse Joe Biden ma ci fosse ancora Donald Trump. Secondo un sondaggio Harvard Center for American Political Studies (CAPS)-Harris Poll, il 62 per cento degli intervistati crede che Putin non avrebbe mai invaso l’Ucraina se fosse Trump il presidente. Secondo un sondaggio HarrisX, l’invasione è colpa delle politiche di Biden (58 per cento) più che di quelle di Trump (42 per cento). Dati che naturalmente schizzano in alto contro Biden tra gli intervistati repubblicani. Ma lo stesso vale tra gli indipendenti, gli elettori che spesso decidono le elezioni: il 66 per cento dà la colpa a Biden, il 34 per cento a Trump.
Dopo la debacle afghana, Biden non ha intenzione di farsi trascinare in una guerra «europea» come attore protagonista, ma fatica a riuscirci. Politicamente può contare sul Congresso nella fornitura di aiuti agli ucraini e nell’imposizione di sanzioni alla Russia, condividendo il peso della scelta con i repubblicani. Ma questi si sottrarranno al momento delle conseguenze. Che già si fanno sentire, con il costo della benzina che da giorni ormai ha superato la fatidica soglia dei 4 dollari al gallone.
Di per sé un dato politico devastante con il voto di midterm già in vista. A questo s’aggiungano altre conseguenze impopolari, come le iniziative diplomatiche per contenere il rincaro del greggio, riaprendo le porte a «canaglie» con cui si erano rotte le relazioni - Venezuela e Iran, peraltro alleate di Mosca. E vedendosi sbattute le porte in faccia, per ripicca, da vecchi alleati come l’Arabia Saudita e gli Emirati, ormai perfino loro decisi a sedere al tavolo di gioco delle contraddizioni americane. Facendo uno sgarbo a Biden per favorire il ritorno di Trump.

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