PRIMA

Il fast food non mangerà le Terme di Caracalla

ARIANNA DI GENOVAITALIA/ROMA

Avevo già espresso la mia contrarietà a un fast food nell’area archeologica delle Terme di #Caracalla, vi informo che il Mibac ha provveduto (in autotutela) ad annullare l’autorizzazione. È questo il messaggio che il ministro Alberto Bonisoli ha postato su Facebook, permettendo di tirare un sospiro di sollievo su una vicenda paradossale. Quella che ha imprigionato storia e cultura in un ginepraio di burocrazie e irretito il patrimonio in percorsi di malafede, vessandolo con nulla osta incrociati (specchio dello sbando dei tempi). Caracalla e le Mura Aureliane si sono trasformati in soggetti dimenticati, oscurati da una serie di rimpalli di responsabilità politiche e giuridiche (soprintendenza, comune e municipio). In realtà, senza scomodare alte competenze territoriali sui beni da tutelare, ognuno degli attori in campo per la disputa del fast food a Caracalla avrebbe potuto prendersi la briga di bloccare un progetto assurdo che riqualificava una zona degradata (quella del vivaio Eurogarden) con un McDrive e il suo parcheggio. Bastava rispedire la proposta al mittente, senza neanche prenderla in considerazione, invece di autorizzarla. Vincolo esistente o meno di «quel lato» dell’area. Mentre tutti litigavano, ad avere il coraggio di decretare lo stop allo scempio annunciato è stato un «servitore dello stato» di alto livello come Gino Famiglietti, direttore generale per l’archeologia, belle arti e paesaggio. Un ultimo atto il suo, prima di uscire di scena con il pensionamento (e se il McDonald’s scongiurato è un’ottima notizia, questa non lo è affatto). Il Mibac, in serata, ha fatto sapere che il direttore generale ha anche disposto la sospensione del cantiere e che la ditta esecutrice ha già ricevuto la notifica del provvedimento. Ma ci sarà domani un altro Famiglietti al ministero, un «signor no» che non cede a lusinghe, avendo a cuore la vigilanza sul patrimonio?

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