CULTURA

L’identità mutevole e caleidoscopica di Alessandro Manzoni

NARRAZIONI
GIACOMO GIOSSIITALIA

L’Ottocento italiano è forse il periodo meno realmente indagato seppur diffusamente narrato dai narratori contemporanei. Forte di grandi eventi ideali e di figure storiche icastiche, l’Ottocento in Italia è considerato quasi un prisma intoccabile, dentro al quale è impossibile individuare pertugi e contraddizioni così come cogliere illuminanti sfaccettature e sorprendenti idiosincrasie. Alessandro Manzoni in tal senso ne è la figura più rappresentativa, scrittore italiano del secolo, solido e devoto, ma la cui biografia contiene il segno di uno scarto che a lungo è stato in qualche modo occultato fin quasi ai nostri giorni e fin dentro alle scolastiche. Alessandro Manzoni era infatti figlio di Giulia Beccaria e quindi nipote del marchese Cesare Beccaria autore del trattato Dei delitti e delle pene, ma figlio naturale di Giovanni Verri e quindi non di Pietro Manzoni, il nobile marito di Giulia che in ogni caso lo riconobbe.
UNA VICENDA tutto sommato comune, ma che proprio per l’intransigenza dei personaggi coinvolti diviene la misura perfetta per dare vita a un racconto parallelo e fantasioso sulla vita del Manzoni come sa fare da par suo Alessandro Zaccuri con il suo nuovo romanzo Poco a me stesso (Marsilio, pp. 240, euro 16). Zaccuri, abile narratore, ha la rara capacità di una scrittura allo stesso tempo colta e mimetica che sa riprodurre l’atmosfera - come fosse una vera e propria appassionante avventura - di quel secolo e dargli vita attraverso attente e puntuali citazioni letterarie di cui è cosparso il testo. Poco a me stesso è in un certo modo un romanzo sull’identità di Alessandro Manzoni, ma anche sul significato di cui è portatrice l’identità in sé in un tempo - il nostro - in cui è continuamente attraversata e muta sciogliendo la propria costituzione marmorea in un flusso liquido e multiforme.
Fare i conti con l’Ottocento e in particolare con la biografia di Manzoni significa chiaramente ragionare sull’identità di una cultura e di un paese, ma anche sul senso letterario di una impossibilità romanzesca che qui trova una risposta efficace e plausibile con un testo che più di molti altri aderisce alla tanto modaiola parola di distopico.
SOVRASTATO DALLA FIGURA immanente e mistica dell’ombra del medico tedesco Franz Anton Mesmer precursore dell’ipnosi, il romanzo segue lo sguardo di un suo improbabile e inquietante allievo che si fa chiamare barone Cerclefleury, ma che probabilmente non è nemmeno barone, che entra nelle grazie dell’anziana contessa Giulia Beccaria.
Poco a me stesso si trasforma in un’indagine a tratti acida e postmoderna su Brera e la sua nobiltà, ma anche sulle sue inquietanti stravaganze. Il mondo di sopra e il mondo di sotto si direbbe oggi, vivono in solidale continuità una relazione affiatata di accordi più o meno loschi e di vizi più o meno dicibili. Zaccuri riprende così in parte i temi letterari già espressi con il formidabile La quercia di Bruegel, ma radicalizzandoli ancora più intensamente e abbandona ogni elemento narrativo di contemporaneità per affondare totalmente in un’epoca altra, ma con gli strumenti quelli sì del contemporaneo.
Romanzo dopo romanzo Alessandro Zaccuri sta dando corpo a un’opera capace di riflessione storica e letteraria insieme che, seppur con tutte le distinzioni di stile, lo accomuna ai grandi romanzieri contemporanei e con non poche affinità con il geniale Mathias Énard. Una raffinatezza che si compie totalmente in un testo avvincente e appassionante che riscrive la vita di Alessandro Manzoni inventandola, ma restituendola (finalmente) nella sua pienezza esistenziale alla verità della letteratura.

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