INTERNAZIONALE

Mike Pompeo sarà a Taiwan, missione contro Cina e Biden

L’ex segretario di Stato americano arriverà il 2 marzo: Pechino e Washington osservano
LORENZO LAMPERTItaiwan/Taipei

Si sapeva che prima o poi sarebbe arrivato. Ora si sa anche quando: il 2 marzo. Taiwan si prepara a ricevere Mike Pompeo, ex segretario di stato dell'amministrazione Trump.
La sua missione sarà osservata con attenzione da Pechino, ovviamente, ma anche dalla Casa Bianca. La linea dell'amministrazione Biden su Taiwan, infatti, si fregia di essere animata da spirito bipartisan. Da capire se lo stesso spirito anima anche Pompeo, che da molti è indicato come uno dei possibili candidati alle elezioni del 2024, soprattutto qualora Donald Trump scegliesse di non tentare il ritorno.
L'AGENDA PREVEDE in quattro giorni incontri con la presidente Tsai Ing-wen, il ministro degli Esteri Joseph Wu (anche lui inserito in una "lista nera" dal governo della Repubblica Popolare) e il vicepresidente William Lai. Quest'ultimo, considerato meno centrista rispetto a Tsai, è il più che probabile candidato del Partito democratico progressista alle presidenziali del 2024. Pompeo arriverà a Taipei insieme alla moglie e a Miles Yu, suo ex consigliere che di recente ha pubblicato un commento sul Taipei Times nel quale auspica la costruzione di una coalizione anti-Pcc con Taiwan suo centro di gravità.
D'ALTRONDE, SUL FINIRE del mandato trumpiano la China policy di Pompeo era diventata aggressiva e con un obiettivo preciso: il regime change. Tanto che il Pcc lo ha sanzionato insieme ad altri 27 rappresentanti statunitensi. Lui, dopo essersi fatto ritrarre da prodotti a base di ananas taiwanese (vittima di un divieto all'importazione delle autorità cinesi) aveva risposto preannunciando questa visita.
Una visita che il ministero degli Esteri taiwanese ha presentato come la prova del «forte sostegno bipartisan» di Washington. Da quando c'è Biden alla Casa Bianca, si sono succedute diverse missioni di esponenti repubblicani o miste.
PER ORA È FILATO TUTTO LISCIO, anche se aveva destato qualche perplessità il tweet nel quale la deputata Nancy Mace annunciava di essere atterrata «nella Repubblica di Taiwan». Non Repubblica di Cina, nome ufficiale, ma nemmeno Taiwan, che ambiguamente viene utilizzato anche da Pechino per identificare quella che ritiene una sua provincia. Ma, appunto, Repubblica di Taiwan. Segnale di vicinanza e messaggio di impegno a lungo termine verso l'obiettivo finale di chi vuole l'indipendenza con il cambio di denominazione? Semplice gaffe? Oppure un'esposizione prematura per Taiwan stessa?
Esposizione prematura non solo dalla solita prospettiva della «Cina che si arrabbia», ma anche da quella interna: una parte minoritaria ma presente della popolazione non vuole recidere del tutto il legame con la sfera cinese. Non a livello politico, ma culturale e simbolico. Tsai è finora riuscita a proseguire la costruzione identitaria taiwanese senza alienarsi quella parte di popolazione. Compito cruciale, non tanto per un tornaconto elettorale visto che si tratta per lo più di sostenitori del Guomindang, ma per salvaguardare la stabilità interna.
Andranno pesate con attenzione le parole di Pompeo: un conto è un tweet di una deputata, un altro quanto dice l'ex segretario di Stato con probabili ambizioni presidenziali. C'è chi teme che Pompeo possa usare Taipei come palcoscenico non solo per attaccare la Cina ma anche per attaccare Biden, elemento che potrebbe non essere visto con grande piacere dall'attuale amministrazione. Sui social taiwanesi celebrano in tanti la prossima visita, anche se qualcuno sottolinea che Pompeo è uno strenuo oppositore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. E Taiwan è l'unico luogo in Asia dove i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono legali.

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