SOCIETA

La plastica in riva alla spiaggia, mille oggetti rivenuti ogni cento metri

GIUDITTA PELLEGRINI ITALIA

Beach Litter è il report annuale di Legambiente che indaga la situazione dei rifiuti marini nel Paese. La ricerca, che quest’anno ha interessato 93 località in quasi tutto il territorio italiano, analizza il tipo e la quantità di oggetti spiaggiati, utilizzando il protocollo sviluppato dall’osservatorio Marine Litter Watch dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, nato per creare un database di monitoraggio dei paesi comunitari. I dati ottenuti dalla raccolta e catalogazione dei rifiuti nelle spiagge avvenuta grazie a circoli regionali dell’associazione, volontari e scuole, rivelano un quadro importante non solo nell’evidenziare l’area del Mediterraneo come uno dei punti di maggiore accumulo di residui, ma anche perché mettono in luce le nostre attitudini al consumo e come fatichino a cambiare.
NELLA TOP TEN dei materiali ricorrenti sui nostri litorali individuata dall’indagine al primo posto ci sono i pezzi di plastica e polistirolo (21,3% del totale). A seguire tappi e coperchi in plastica (9,6%); mozziconi di sigaretta (8%) e cotton fioc (7,4%). Al quarto posto , con un 4,7% i materiali da costruzione e quindi bottiglie e contenitori di plastica per bevande (4,6%), mentre bicchieri, cannucce, posate e piatti di plastica usa e getta, con il 3,5%, sono all’ottavo. Chiudono la lista le retine per la coltivazione dei mitili (3,4%) e i frammenti di vetro o ceramica (3,1%).
IL PRIMO DATO CHE EMERGE conferma la plastica come protagonista dei materiali rinvenuti, l’81% del totale. Il ritrovamento di 10mila contenitori per bevande mostra come non sia cambiata la tendenza che porta gli italiani ad essere al primo posto tra i consumatori di acqua in bottiglia in Europa e al terzo nel mondo.
LA SITUAZIONE DOVREBBE migliorare con l’entrata in vigore dal 2021 della nuova Direttiva europea per la diminuzione della plastica monouso. Quanto alle bottiglie, questa fissa come obiettivo il riciclo del 90% entro il 2029, che siano composte almeno per il 30% di materiale riciclato e che il tappo sia attaccato al contenitore, per evitare che si disperda nell’ambiente. Che le politiche di salvaguardia ambientale siano efficaci lo dimostra il numero degli shopper in plastica, di cui, nonostante un persistere di presenza dell’1,6 % fra i rifiuti marini, si annota una riduzione sui nostri lidi del 55% rispetto agli anni passati, effetto della messa al bando di cui l’Italia è stata pioniera in Europa, come anche per quella dei cotton fioc. Proprio questi, la cui elevata quantità dovrebbe drasticamente diminuire per effetto della normativa, sono indicatori di una depurazione inefficiente e della persistente abitudine dei consumatori a gettare rifiuti nel wc. Un gesto che forse eviteremmo se conoscessimo la mole di spazzatura: 968 oggetti rinvenuti ogni 100 metri di litorale, uno per ogni passo. Numeri inaccettabili, se pensiamo che ciò che arriva sulla spiaggia costituisce solo il 15% dei rifiuti che entrano nell’ecosistema marino, mentre il restante resta in superficie e nei fondali. I rifiuti possono ferire, intrappolare o intossicare gli esseri che vivono in mare, e sgretolandosi entrano nella catena alimentare della fauna marina. E quindi anche nella nostra.
SECONDO LEGAMBIENTE il lavoro per ridurre la spazzatura nel mare però è ancora lungo. L’associazione auspica che i singoli Paesi assumano un ruolo attivo e siano anche più ambiziosi rispetto alle direttive, per esempio promuovendo il consumo di acqua dal rubinetto o prendendo provvedimenti più restrittivi, come nel caso dei bicchieri di plastica. Questi ultimi, nonostante costituiscano circa la metà delle stoviglie usa e getta rinvenute, purtroppo non sono stati banditi del tutto dalla recente normativa europea, che prevede invece il divieto di utilizzare, oltre i cotton fioc, piatti, posate, aste dei palloncini e cannucce monouso.
PER RISOLVERE un problema causato in larga parte da una cattiva gestione degli scarti urbani e dalla produzione eccessiva di imballaggi e oggetti che vengono utilizzati anche solo per pochi secondi, è necessario che governi nazionali e locali, industria e consumatori inizino a lavorare insieme per modificare abitudini profondamente radicate nelle nostre società, ma ormai insostenibili. Solo così potremo preservare davvero la vita nel Mediterraneo, uno degli hotspot più importanti per la salvaguardia della biodiversità.

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