SOCIETA

La prima della Lupa: 300 all’assemblea nazionale

INIZIATA IERI A ROMA. OGGI SI RIPETE
FRANCESCO BRUSAITALIA/ROMA

Ciò che la pandemia ha tolto, il movimento studentesco se lo riprende: sono circa 300 le persone che ieri pomeriggio hanno affollato il giardino dello spazio sociale romano del Brancaleone per una grande assemblea nazionale delle scuole in lotta. Un appuntamento chiamato dal movimento La Lupa, nato nella capitale sull’onda delle occupazioni autunnali di circa 60 istituti superiori, e che è stato raccolto da studenti e studentesse di tutta Italia. Sono arrivati da Napoli e Catania, Milano e Torino, Toscana ed Emilia-Romagna, Marghera e Valle d’Aosta.
«Avevamo bisogno di confrontarci su quanto sta succedendo e darci degli obiettivi comuni per le prossime mobilitazioni», ci dice Syria Carboni della Lupa, spiegando le ragioni dell’iniziativa. Ma le esigenze che spingono ragazze e ragazzi a ritrovarsi e a discutere sono anche «pre-politiche». «Con le ultime occupazioni c’è stato uno scarto - afferma uno studente del liceo capitolino Virgilio - La nostra urgenza era innanzitutto quella di dare una risposta concreta a un disagio che sentivamo, a una sensazione di abbandono totale. Dopo sono arrivate delle rivendicazioni specifiche, ma intanto volevamo riappropriarci di una socialità che ci veniva negata».
C’è chi prende parola deciso, c’è chi tentenna. A ogni minima pausa scoppiano applausi e talvolta dei cori, soprattutto quando, in uno dei momenti più sentiti dell’assemblea, viene letto un messaggio recapitato agli studenti dal collettivo di fabbrica Gkn. «La lotta studentesca per noi rappresenta un simbolo - dicono gli operai ai giovani - È la prova della necessità di ribaltare insieme i rapporti di forza e portarci a casa un mondo migliore».
I punti da cui partire in questa impresa sono comunque molto chiari e condivisi dalle persone presenti al Brancaleone: il «pericoloso avvicinamento fra il mondo del lavoro e della scuola», tragicamente esemplificato dalla morte di Lorenzo Parelli (ricordato in numerosi interventi); la gestione delle risorse del Pnrr che non tengono sufficientemente conto del settore educativo; il peggioramento delle condizioni di salute mentale di studenti e studentesse dopo due anni di pandemia (che hanno portato a un aumento delle tendenze suicide fra i più giovani). In generale, si vuole mettere in discussione un «intero sistema scolastico che, semplicemente, non ascolta la voce di chi studia», come ripetono in tanti.
Più che non ascoltare, spesso prova proprio a reprimere. È condivisa la rabbia per il modo in cui hanno agito le forze dell’ordine durante le mobilitazioni: «La violenza è stata totalmente unidirezionale», racconta Federico da Torino ripercorrendo quanto accaduto venerdì 28 gennaio. Altro tema sono le sospensioni indiscriminate verso chi ha scelto di occupare: «Servono a mettere la comunità scolastica contro chi si ribella», denunciano i collettivi romani.
Non è un caso, allora, che in maniera praticamente unanime l’assemblea esprima una sfiducia sempre più grande nei confronti delle istituzioni. Dal Brancaleone il Miur è lontano poco più di otto chilometri. Ma, dal punto di vista simbolico, la distanza è enorme e - concludono gli studenti - «potrà essere colmata solo da noi stessi». La discussione proseguirà oggi ad Acrobax.

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