INTERNAZIONALE

Pechino irride il boicottaggio con uno spettacolo roboante

LA CERIMONIA DI APERTURA
SERENA CONSOLEcina/pechino

Bambini, semplici cittadini ed esponenti delle 56 minoranze etniche cinesi. Nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Pechino firmata da Zhang Yimou non sono mancati momenti di nazionalismo e patriottismo. Nella fredda capitale cinese, con il termostato sui -9° C, il presidente cinese Xi Jinping, stretto in un parka (che è già andato a ruba sui siti di ecommerce), dà il via ai giochi lanciando un messaggio pregno di simbolismi della cultura cinese.
Xi guarda dagli spalti dello Stadio nazionale di Pechino - realizzato per le Olimpiadi del 2008 dall’architetto dissidente Ai Weiwei, che pensò alla sua forma per veicolare il messaggio di libertà e democrazia - lo spettacolo della cerimonia animata da luci tra led e raggi laser. Zhang Yimou non lascia nulla al caso: i giochi di luci, le coreografie dei fuochi di artificio e la presenza delle minoranze etniche hanno lo scopo di rafforzare l’altisonante motto olimpico: «Together for a Shared Future» (Insieme per un futuro condiviso). La frase, presentata lo scorso settembre, sembra aver previsto il rafforzamento del multilateralismo in ottica sino-russa suggellato dal documento che Xi e l’omologo russo Vladimir Putin hanno firmato ieri.
IL LEADER del Cremlino, giunto nella capitale cinese, era tra gli ospiti più attesi. Ma lo stadio, non riempito completamente per le stringenti norme anti-Covid, accoglie numerosi leader stranieri che passeranno alla storia per le atrocità commesse: dal presidente egiziano al-Sisi al principe ereditario saudita bin Salman, fino al leader kazako Tokayev e al polacco Duda. Alla festa degli autocrati si aggiungono anche il presidente del Cio, Thomas Bach, e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Che sembra non farsi scalfire dalle polemiche da cui è sommerso per non aver condannato le violazioni dei diritti umani perpetrate dal governo cinese in Xinjiang, Tibet, Taiwan e Hong Kong, come informalmente chiesto dagli Usa.
Washington si è resa così precursore di una campagna di boicottaggio diplomatico abbracciata da diversi paesi: anche Regno unito, Canada, Australia, Lituania, Kosovo, Belgio, Danimarca ed Estonia disertano espressamente la cerimonia di apertura per opporsi al trattamento degli uiguri nella provincia dello Xinjiang.
Ma la Cina, che inizialmente era irritata dal boicottaggio, irride chi le punta il dito contro. Nel momento dell’accensione della torcia olimpica, il direttore artistico Zhang affida il compito all’atleta di combinata nordica Zhao Jiawen e alla fondista Dinigeer Yilamujiang, uigura dello Xinjiang. La Cina è accusata da Usa, Canada e Francia di genocidio e crimini contro l’umanità verso le minoranze etniche nella regione nordoccidentale cinese. Ma anche per la violazione dei diritti umani a Hong Kong e Taiwan.
LA SFILATA dei team olimpici accontenta gli animi nazionalisti: la squadra di Taiwan è presentata con il nome di «Chinese Taipei» e sfila prima di quella di Hong Kong, mentre sui maxischermi appare il volto di Xi. Un segnale che potrebbe essere letto come implicito riferimento a una sovranità cinese sull’isola e la città portuale.
Una settimana fa, Taiwan aveva dichiarato che non avrebbe partecipato alla cerimonia di apertura, ma ha poi fatto marcia indietro per pressioni del Cio. La delegazione taiwanese però subisce un’altra umiliazione dalla Cctv, che presenta la delegazione taiwanese con il nome di «China Taipei»: definire così il team sportivo taiwanese implica che gli atleti e l’isola che rappresentano fanno parte della Cina.
MA MENTRE REGNA l’entusiasmo nella controllatissima bolla olimpica, qualche km più in là si registra un’altra pagina buia per la libertà di manifestazione. Prima dell’inizio della cerimonia a Hong Kong vengono arrestate cinque persone, tra cui l’attivista democratico Koo Sze Yiu, con l’accusa di «istigazione alla sovversione»: il noto attivista ha in programma di manifestare contro i giochi olimpici davanti al Liaison Office di Hong Kong. Il governo usa per la prima volta la legge sulla sicurezza nazionale per silenziare preventivamente le voci dissenzienti: finora i manifestanti erano accusati di assemblea non autorizzata.

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