EUROPA

Belfast, il premier lascia travolto dal post Brexit

IRLANDA DEL NORD
ENRICO TERRINONIirlanda nord

Il primo ministro nordirlandese, Paul Givan, espressione del partito unionista di maggioranza, il Dup, ha annunciato ieri le proprie dimissioni. La scelta comporta anche la decadenza del mandato del vice primo ministro, Michelle O’Neill, leader di Sinn Féin. Gli altri capi dei ministeri rimangono in carica per il disbrigo della normale amministrazione. Tutto a pochi mesi dalle elezioni del parlamento nordirlandese, fissato per il 5 maggio, una data che per ironia della sorte coincide con l’anniversario della morte di Bobby Sands, dal cui sacrificio è nato il cosiddetto “processo di pace”.
La decisione di Givan, che tra i recenti primi ministri dell’Irlanda del Nord rischia di passare alla storia come il meno incisivo, si accoda alla scelta del collega più combattivo Edwin Poots, ministro dell’Agricoltura. Poots aveva in mattinata diramato una circolare per vietare i controlli delle merci ai porti nordirlandesi. Una direttiva estemporanea, in contrasto con gli accordi del protocollo nordirlandese. Il protocollo Brexit concordato tra Unione europea e Regno Unito, e avallato anche dal Dup.
Questo accordo rispetta sostanzialmente, per poter preservare al contempo lo statuto costituzionale dell’Irlanda del Nord nell’ambito del Regno Unito e la possibilità di applicare dal punto di vista degli scambi commerciali le regole dettate dalla Ue, la necessità di evitare un ritorno a un confine duro tra le due Irlande, come previsto dagli accordi di Belfast del 1998.
La mossa di Givan appare motivata da uno stallo evidente, forse legato a una paura che circola tra gli ambienti unionisti. È un senso di accerchiamento duplice: da un lato per via della perdita di consenso del conservatore Boris Johnson, il cui ruolo è oramai sostenuto a Westminster quasi soltanto dal Dup, e dall’altro per i sondaggi che parlano della concreta possibilità che Sinn Féin, alle elezioni di maggio, possa ottenere per la prima volta la maggioranza dei consensi nel Nord, dopo aver già ottenuto un simile risultato nella Repubblica nelle elezioni del 2020.
La scelta di Givan è quindi probabilmente dettata dalla possibilità che, a breve, sia nel Nord che a Sud, i repubblicani possano prendere il sopravvento.
La leader di Sinn Féin, Mary Lou McDonald, ha prontamente chiesto elezioni anticipate, forse anche per scongiurare il fantasma di una campagna elettorale che, seppure breve - tre mesi circa - potrebbe essere logorante. Una richiesta osteggiata dal resto del fronte di sinistra, i socialisti dell’Sdlp, che con il leader Colum Eastwood, hanno chiesto di mantenere la data delle elezioni fissata per poter portare avanti, anche in assenza dei vertici governativi, i provvedimenti legislativi in atto.
Interessante la posizione del governo britannico, che per voce del ministro per l’Irlanda del Nord ha espresso un «estremo disappunto» nei confronti della decisione di Givan. Una preoccupazione condivisa dal primo ministro irlandese, Michael Martin.
Il cronoprogramma delle elezioni fissate per il 5 maggio avrebbe previsto la cessazione delle attività del parlamento nordirlandese a fine maggio, per consentire una finestra di sei settimane elettorali. Allo stato attuale, però, il parlamento continuerà a riunirsi, ma potendosi attenere soltanto alla normale amministrazione, lasciando così un vuoto legislativo che l’Ue sta fortemente criticando.
La legislazione corrente prevede che le dimissioni del primo ministro portino automaticamente a una crisi di governo e alla necessità di nominare un nuovo primo ministro entro una settimana. Si attende tuttavia in questi giorni una direttiva legislativa di Westminster per cui i parlamenti nazionali possano proseguire la loro attività anche oltre le sei settimane previste per le elezioni.

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