INTERNAZIONALE

«Da Europa e Italia soldi alla resistenza birmana»

INTERVISTA A CECILIA BRIGHI
ALESSANDRO DE PASCALEMYANMAR

«La giunta va strangolata con le sanzioni economiche, l’Ue deve sospendere le agevolazioni sulle esportazioni e l’Italia deve finanziare l’opposizione pro-democrazia».
Sono queste le richieste rivolte alla comunità internazionale da Cecilia Brighi, presidente dell’associazione Italia-Birmania Insieme. «In questo primo anno di dittatura, il popolo birmano ha messo in seria difficoltà la giunta militare, ma non basta, anche l’Italia deve fare la sua parte», ammonisce l’esperta di diritto del lavoro con oltre vent’anni di esperienza nel sindacalismo internazionale, in particolare asiatico (dal 1992 al 2013 ha guidato il Dipartimento internazionale della Cisl).

A un anno dal golpe in Myanmar, cosa chiedete all’Italia?
Di finanziare l’opposizione democratica. Cosa che l’Italia non vuole fare. Una posizione scandalosa per un Paese che dopo la Seconda guerra mondiale è uscito dalla dittatura anche grazie agli aiuti Usa.

Cosa andrebbe fatto?
Gli aiuti umanitari e allo sviluppo, per i quali l’Ue spende 30 milioni di euro l’anno, sono importanti ma non bastano. Con quei soldi va sostenuta l’opposizione democratica. Noi gli stiamo, ad esempio, pagando 80 abbonamenti telefonici e per internet satellitari che gli consentono di comunicare e organizzare flash mob nel Paese. Ma dopo un anno di sacrifici a riso e acqua, ora serve un aiuto istituzionalizzato.

Qual è la situazione?
Secondo un rapporto di un’agenzia Onu uscito venerdì si sono persi 1,3 milioni di posti di lavoro (le più colpite sono le donne), ci sono oltre 600mila sfollati interni, per non parlare di quelli fuggiti in Thailandia, cui si sommano 1.500 vittime e le persone in galera.

Riguardo alla giunta cosa può dirci?
Pensavano di prendere il potere senza che ci fosse una reazione generale, invece c’è stata un’opposizione strutturale che ha unito il Paese. Ormai c’è un boicottaggio diffuso, nessuno versa più un kyat alla giunta militare: non pagano più le tasse, le bollette elettriche, i dipendenti pubblici sono ancora in sciopero con 400mila funzionari che restano a casa dal 1° febbraio, giorno del Colpo di Stato.

All’Unione europea, terzo partner commerciale del Myanmar (dopo Cina e Thailandia), chiedete di sospendere le agevolazioni sui tassi doganali. Perché?
Per la profonda violazione delle convenzioni internazionali. I presupposti per farlo ci sono. Abbiamo scritto una lettera all’alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, indicando nomi, cognomi, aziende, date e violazioni specifiche. La sospensione di queste agevolazioni colpirebbe sicuramente la giunta, anche i sindacati locali sono d’accordo e una serie di ditte italiane come Benetton, Ovs e Geox si sono già ritirate.

E sul settore petrolifero e quello del legno?
Abbiamo chiesto di sanzionare le banche di proprietà dell’esercito e bloccare le risorse delle concessioni straniere per l’estrazione di gas e petrolio che garantiscono ai militari un miliardo di dollari l’anno. Total e Chevron ora si stanno ritirando e questo dovrebbe consentire all’Ue, finora molto timida, di sanzionare finalmente anche il Myanmar oil and gas enterprise (Moge) che gestisce quelle concessioni. Riguardo al legno quel business è già sanzionato, ma il problema è che non c’è una supervisione europea. Le dogane italiane evidentemente non controllano, visto che hanno permesso la prosecuzione di queste importazioni, chiudendo gli occhi per tutelare il comparto della cantieristica navale italiana.

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