POLITICA

Tandem Letta-Di Maio in pressing su Conte: il nome giusto è Draghi

IL TRIDENTE DUOLE
ANDREA CARUGATI, GIULIANO SANTOROITALIA/ROMA

«Nessun diritto di prelazione al centrodestra sul Quirinale. Il nome di Berlusconi va tolto dal tavolo». Dal vertice di primo mattino a casa di Giuseppe con Enrico Letta e Roberto Speranza esce un gruppo giallorosso che vuole mostrarsi compattezza ad ogni costo. Di qui i tweet fotocopia dei tre leader, un inedito, il sorpasso della vecchia nota congiunta ad opera dei social: «Aperti al confronto per un presidente autorevole in cui tutti possano riconoscersi».

MA IL PROBLEMA RESTA grande casa come una casa: Mario Draghi. Il leader Pd ha spiegato che quella è l’unica soluzione per votare un presidente super partes e portare avanti la legislatura. Conte non è convinto. Tanto che poco dopo i tweet congiunti fonti del M5S fanno sapere che l’avvocato ha spinto per un«nome alternativo» che garantisca continuità al governo nella consapevolezza della «difficoltà di proseguire in un quadro di maggioranza di governo che senza Draghi difficilmente potrebbe reggere».

CONCETTI RIBADITI DAL LEADER M5S poco dopo in un lungo colloquio con Luigi Di Maio. Ma il ministro degli Esteri ha suonato lo stesso spartito di Letta: votare Draghi. Con l’obiettivo di «restare centrali negli equilibri della futura maggioranza». Il concetto è semplice: se il M5S non vota Draghi perde potere negoziale. Si mette fuori da solo. Conte è parso consapevole, ma all’amico rivale ha spiegato che il movimento rischia di esplodere con SuperMario al Colle. In particolare i senatori, che si sono espressi pochi giorni fa per il Mattarella bis creando più di un grattacapo al leader. «Luigi, se decidiamo di votare Draghi non li tengo», il messaggio dell’avvocato del popolo. I motivi? La truppa non crede che con Draghi la legislatura continuerà, cosa su cui invece Di Maio e Letta hanno grandi sicurezze. Di più: fonti grilline sostengono che Di Maio avrebbe già avuto garanzie su una sua promozione nel nuovo governo: un ritorno nella poltrona di vicepremier, come ai bei tempi con Salvini. «Il Movimento deve rimanere compatto, dimostrando centralità», la replica del titolare della Farnesina. «Draghi? «Va preservato da tatticismi politici».

PAROLE NON MOLTO DIVERSE da quelle di Letta: «La protezione di Draghi deve essere l'obiettivo di tutte le forze politiche. È la risorsa fondamentale del paese e ci fa da scudo rispetto alle nostre debolezze, a partire dal debito».
Fatto sta che dopo pranzo l’aria cambia. Prima esce una nota del M5S per dire che «sono aperte tutte le opzioni», un modo per negare il veto su Draghi, limitandosi ad auspicare «continuità di governo». Poi Conte ci mette la faccia e spiega al Tg3 che «noi non poniamo veti». «In questo momento va garantita una continuità dell'azione di governo».

PRESTO PER DIRE CHE i giallorossi siano pronti a sostenere in coro il trasloco del premier. Però qualche passo avanti è stato fatto, nella consapevolezza che - assodato il no comune a Berlusconi- se si iniziasse a ragionare su nomi di centrodestra diversi dal Cavaliere la maionese potrebbe impazzire. Con Letta deciso a evitare che appunto il centrodestra possa avere la prelazione, o fare una rosa di nomi. «Le rose di una parte si fanno quando ci sono gerarchie precise. Ma questa gerarchia in questo Parlamento non c’è», spiega il segretario del Pd a HuffingtonPost. «Direi che la messinscena può finire. L'assalto al Colle della destra è fallito, era un bluff, ora serve uno schema diverso, un nome condiviso».
In quella ipotesi, cioè che la destra proponga un ventaglio di nomi dopo il ritiro di Berlusconi, è insito il rischio di una spaccatura clamorosa dell’asse giallorosso. E cioè che Conte e Di Maio trattino direttamente con Salvini, magari ognuno per conto suo. Una eventualità che significherebbe la fine del Movimento e dell’alleanza col Pd. Per questo alla fine il pressing su Conte ha sortito qualche effetto. Il che non significa che l’avvocato abbia risolto i problemi con i suoi parlamentari. Tanto che in tarda serata riunisce di nuovo la cabina di regia del M5S con i vice, i capigruppo e i ministri per provare a serrare le fila. Secco No al premier da Sinistra Italiana. Nicola Fratoianni, che ha visto prima Letta e poi Conte, spiega che «noi Draghi non lo voteremmo in ogni caso». E infatti ai due alleati ha chiesto di pensare soprattutto al dopo Quirinale. «Se anche si fa un nuovo governo a luglio di fatto inizia la campagna elettorale. La nostra coalizione per ora è solo un’allusione, non ha un profilo e va costruito rapidamente per essere competitivi».

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