VISIONI

Golden Globe ancora sotto «osservazione», la riforma non basta

CERIMONIA IN TONO MINORE OGGI A BEVERLY HILLS, TRA I FAVORITI JANE CAMPION E KENNETH BRANAGH
CRISTINA PICCINOUSA/LOS ANGELES

Il red carpet è un ricordo lontano come le bollicine, gli oufit, l’esclusività del party e l’eccitazione di una cerimonia che a non esserci si era fuori per sempre. Certo c’è la variante Omicron e in questi giorni le cancellazioni di eventi si moltiplicano inesorabili, ma non è solo a causa della pandemia se l’edizione 2022 dei Golden Globe, che si «svolgerà» oggi al Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills ha un così basso profilo: pochissimi invitati, e solo con booster e tampone negativo, distanziamento sociale, mascherine - fin qui appunto le norme sanitarie.
C’è però qualcosa in più: intanto non è prevista una diretta televisiva, dopo che Nbc si è ritirata dall’organizzazione dell’evento né vi saranno media a coprirlo fisicamente a conferma che «il processo» contro l’Hollywood Foreign Press Association (HFPA), la stampa straniera a Hollywood che organizza i Golden Globe è ben lontano da essere chiuso. Cosa rimprovera Hollywood al gruppo che per anni è stato tra i più influenti godendo di grandi privilegi?
Tutto comincia lo scorso febbraio quando il «Los Angeles Times» denuncia oltre alla poca trasparenza finanziaria dell’associazione, un’etica discutibile tra i giornalisti che ne fanno parte e la totale mancanza di inclusività rilevando che tra i circa 80 componenti nessuno è Black. Qualche giorno dopo il «New York Times» accusa l’HFPA di avere pagato tre milioni di dollari tra salari e altri compensi, più un milione di dollari di viaggi dei suoi associati pur essendo un’ organizzazione no-profit e come tale esente da tassazioni.
GLI ATTACCHI si moltiplicano, diverse star prendono anche platealmente le distanze dai Golden Globe - Tom Cruise restituisce le statuette vinte in passato - Nbc interrompe il rapporto, le piattaforme come Netflix e Amazon tagliano i ponti mentre 100 PR hollywoodiani pubblicano una lettera invitando al boicottaggio dell’associazione. Che a questo punto è costretta rapidamente a reagire, e annuncia prossimi e profondi cambiamenti. Viene così modificata la struttura organizzativa, si nomina una nuova direzione, sono imposte agli associati diverse regole che impediscono tra l’altro di accettare regali dagli studios mentre in ottobre entrano altri 29 giornalisti di cui il 30% è Black. Nbc a quel punto apre un piccolo spiraglio per il 2023, anche se il «rinnovamento» non sembra ancora essere sufficiente. Tale reazione pur considerando come certi temi siano oggi sensibili a Hollywood - e purtroppo anche strumentalizzabili - fa pensare però che nei confronti dell’ HFPA c’erano un rancore e un’insofferenza di lunga data, forse proprio per l’eccesso di quei privilegi da roccaforte di potere che prima o poi si gode a buttare giù. Anche perché a sollevare la questione dell’inclusività è stata una giornalista norvegese (non africana o asiatica assenze di cui è accusata l’HFPA), la cui domanda era stata respinta probabilmente perché chi era già lì non voleva condividere uno status di esclusività assai proficuo professionalmente specie se si è freelance.
IN ATTESA della cerimonia l’ HFPA non ha mancato di mettere in luce la propria «attività filantropica» - negli ultimi 25 anni ha donato oltre 50 milioni di dollari al volontariato. Tra i titoli favoriti di quello che un tempo si diceva fosse il «preludio» degli Oscar - in corsa c’è anche È stata la mano di Dio - Belfast di Branagh, e The Power of the Dog di Jane Campion. Dunque Netflix i legami non li ha recisi così drasticamente. Contraddizioni del tempo?
C. PI.

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