CULTURA

Memorie complesse e compatte

DANTE ALIGHIERI - «Inferno», primo tomo della «Divina Commedia» con il commento e la cura di Enrico Malato per Salerno editrice
LELIO LA PORTAITALIA

Il settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri ha visto la realizzazione di Convegni e seminari a lui dedicati ma anche la pubblicazione di varie biografie e altri lavori sul poeta fino all’uscita, nell’ambito del sesto volume della nuova Edizione Commentata delle Opere di Dante, del primo tomo dell’Inferno, comprendente i canti I-XVII, con il commento e la cura di Enrico Malato (La Divina Commedia, Salerno editrice, pp. 761, euro 55).
Avendo come testo base quello allestito da Petrocchi nel 1966-1968, il curatore, che è uno dei maggiori «dantisti» contemporanei, si è mosso nell’ottica di un’acquisizione della filologia e della critica dantesche più avanzate sulla base di un criterio in grado di usare in modo attento l’interpretazione e la stessa critica al fine di operare una selezione delle lezioni più originali.
OGNI «CANTO» è preceduto da un percorso narrativo e da una bibliografia essenziale nonché dalle rubriche proposte dall’edizione Petrocchi che, nota Enrico Malato, «cominciano ad accompagnare il testo del poema fin dalla sua prima circolazione manoscritta e ne diventano presto, variamente elaborate, un corredo inseparabile», e seguito da una nota di lettura. A dire della ricchezza del commento ad ogni singolo Canto si correrebbe il rischio di perdersi nell’autentico oceano di riferimenti alla storia, alla filosofia, alla letteratura, all’arte, il tutto sapientemente, elegantemente ed eruditamente raccolto da Malato. Alla fine del tomo compare un’Appendice, anch’essa ricca e articolata nella quale si segnala, fra le altre, la presenza di un Apparato delle varianti rispetto al testo Petrocchi. Ne sortisce un’edizione esemplare alla quale può essere accostato un unico attributo: nuova - nel testo, nel commento, negli strumenti con il fine di condurre, come fa presente Malato, «a un modo nuovo di leggere il Poema».
L’UTILIZZAZIONE di un materiale siffatto consente al lettore non specialista, ma non per questo meno appassionato, di affrontare il testo «divino» con la consapevolezza che lo stesso Dante aveva di trovarsi di fronte a quel «trasumanare» che non può essere espresso attraverso le parole. Proprio il commento di Malato recupera all’opera quella dimensione di immanenza («la compiuta immanenza del trascendente», così Lukács ha definito il poema dantesco) che, anche nella prima Cantica, rappresenta il cuore stesso del racconto ultraterreno.
Ad esempio, il Canto X dell’Inferno, di cui sono protagonisti Farinata degli Uberti e Cavalcante Cavalcanti, padre di Guido Cavalcanti che, a sua volta, era il genero di Farinata, è affrontato con ricchezza di riferimenti e con raffinata capacità espositiva, con particolare riferimento al verso 63 («forse cui Guido vostro ebbe a disdegno»), quello che sembra essere stato il più analizzato dai commentatori. Nel Canto domina la figura di Farinata e lo stesso Malato ricorda che a Cavalcante sono dedicate sette terzine in tutto «a conferma del rilievo limitato che Dante ha inteso riservargli». Molto è commentato il «cui», mentre sul passato remoto «ebbe», «causa dell’equivoco che porta al collasso di Cavalcante», Malato fa presente che si tratta di un riferimento alle prese di posizione di Guido Cavalcanti in Donna me prega, che diventarono «il bersaglio diretto di Dante».
FRA I COMMENTATORI, seppure mai preso nella necessaria considerazione, ad esclusione della Chiavacci Leonardi, di questo Canto va annoverato Gramsci che colse i due drammi rappresentati da Dante: quello tutto politico di Farinata e quello tutto umano di Cavalcante. Nei versi dedicati a Cavalcante, Gramsci rileva la capacità della poesia di squarciare il velo narrativo, strutturale, che la teneva nascosta. L’esplosione del dramma di Cavalcante («catarsi») consente di distinguere la poesia dalla struttura proprio, in riferimento a quel «trasumanare» che le parole non possono dire, nel restare inespresso, quasi fosse una questione particolare fra il poeta e il lettore.
Tutto questo nella prospettiva di un contributo ad una possibile integrazione di Gramsci fra i commentatori della Commedia: un contributo, s’intende, fornito sine ira et studio, con la modestia e l’umano disincanto del lettore appassionato e non specialista.

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