INTERNAZIONALE

L’«audace ritiro» delle forze tigrine per dare una chance alla pace

SORPRESE DELLA GUERRA IN ETIOPIA
FABRIZIO FLORISetiopia/Tigray

Se non fosse una guerra potremmo definire la lettera del presidente della regione etiope del Tigray Gebremichael Debretsion un colpo di scena. In una lettera al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres il presidente ha spiegato di aver ordinato il ritiro immediato delle truppe di difesa dalle regioni Amhara e Afar occupate dalla scorsa estate.
È l’ennesima sorpresa di questa guerra che attanaglia il nord dell’Etiopia da oltre un anno. Solo un mese fa i militari del Tplf (Tigray People's Liberation Front) erano a 200 km dalla capitale Addis Abeba, poi hanno iniziato a «perdere terreno» e da qui la scelta del ritiro. «Così - ha dichiarato Getachew Reda, portavoce del Fonte - crediamo di aver tolto qualsiasi scusa alla comunità internazionale per spiegare la sua esitazione quando si tratta di fare pressione sul governo etiope» per far cessare le operazioni militari nel Tigray.
È UN PASSO IMPORTANTE verso un possibile cessate il fuoco dopo le importanti conquiste territoriali dell'esercito etiope. «Confidiamo che il nostro audace ritiro - si legge nella lettera alle Nazioni unite - sarà un'apertura decisiva per la pace. Non lasciate che un'altra occasione passi senza azioni decisive. Proponiamo una cessazione immediata delle ostilità seguita da negoziati».
Debretsion ha anche chiesto che l’Onu istituisca una no-fly zone per «voli ostili di aerei e droni sul Tigray, tranne che per scopi umanitari e civili» e l’embargo alla vendita di armi a Etiopia ed Eritrea. L’Etiopia ha speso nel 2021 almeno un miliardo di dollari in armi, in particolare droni che secondo gli analisti militari sono l’elemento che ha segnato il cambiamento sul campo: «Colpire i camion del Tpfl che viaggiavano lungo l’autostrada verso la capitale è stato un gioco da ragazzi». Il generale Tsadkan Gebretensae, uno dei principali comandanti del Tigray, , ha spiegato che «c'erano 10 droni nel cielo e noi eravamo un bersaglio facile».
IL CONFLITTO ETIOPE si aggiunge all’elenco dei Paesi dove i droni da combattimento sono diventati un fattore significativo nella lotta o addirittura dominante come in Libia e nel Nagorno-Karabakh). Tuttavia, la tecnologia in sé non è garanzia di vittoria spiega un esperto militare, ad esempio, «gli Stati uniti avevano droni in Afghanistan, ma i talebani sono riusciti a resistere per 20 anni». Invece secondo Debretsion il Tigray non ha ricevuto «un solo proiettile o un’uniforme» da potenze straniere quindi «non ha debiti con nessuno». Venerdì scorso il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite ha annunciato che istituirà una commissione indipendente di esperti di diritti umani per indagare sulle accuse di atrocità commesse dall'inizio del conflitto. I resoconti governativi pro etiopi mostrano immagini che confermano la presenza di soldati del governo etiope nella città di Alamata, nel sud del Tigray che sembrano dimostrare che il governo etiope e le forze di Amhara stiano continuando le loro operazioni militari nel Tigray. Da una parte c’è, infatti, chi spinge perché l’operazione di ripristino della legalità venga portata a compimento con l’arresto dei leader del Tplf, ma dall’altra c’è il rischio di perdere l’opportunità della pace.
CERTO COME HA SCRITTO Nick Westcott «tutte le guerre finiscono. È solo una questione di quanto tempo ci vuole e quante persone muoiono nel processo», ma spetta alle leadership del governo e del Tplf decidere quanto far durare questo processo: se aspirano a far diventare l’Etiopia qualcosa di simile alla Siria, alla Libia e allo Yemen o a un Paese stabile. La strada per la pace in Etiopia attraversa anche Pechino, Ankara, Abu Dhabi e New York oltre che Addis Abeba. È il momento di percorrerla.

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