INTERNAZIONALE

Le «linee rosse» di Putin e la «linea Nato» di Biden

Oggi faccia a faccia a distanza tra i due leader con al centro Kiev, senza Kiev. E senza Ue
LUIGI DE BIASEucraina/russia/usa

L’agenda dei colloqui l’hanno fissata i ministeri degli Esteri di Stati uniti e Russia dopo settimane di contatti ufficiali e informali i cui toni per quanto è dato sapere appaiono sempre più torvi: lo dimostra la decisione del dipartimento di Stato di ridurre di altre cinquanta unità il numero dei diplomatici russi di stanza a Washington, e la risposta, a Mosca, di limitare a tre anni il periodo di lavoro nel paese di quelli americani. Così nel pomeriggio il capo della Casa Bianca, Joe Biden, e quello del Cremlino, Vladimir Putin, affronteranno in videoconferenza i possibili sviluppi della crisi che è in corso fra i due paesi, una crisi il cui zenit si trova oggi in Ucraina e nel percorso politico che il governo di Kiev sta seguendo per entrare nella Nato.
L’INTELLIGENCE AMERICANA ha messo in guardia sul rischio di una invasione militare e di questo Biden ha già discusso con i leader di diversi paesi europei. Dall’altra parte considerano l’ipotesi isterica e strumentale, senza fornire, però, particolari rassicurazioni. È abbastanza singolare il fatto che nei colloqui non siano coinvolti né l’Unione europea, i cui vertici sembrano avere delegato completamente il capitolo delle relazioni con la Russia agli Stati uniti e ancora peggio alla Nato, né tantomeno il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, il più interessato a una rapida conclusione della crisi, che da giorni cerca di sminuire anche a costo di smentirli gli appelli in arrivo da Washington sulle operazioni dell’esercito russo. Quegli appelli stanno peraltro assumendo con il passare del tempo tratti grotteschi.
LA SCORSA SETTIMANA in Germania il quotidiano Bild ha pubblicato una mappa ricca di dettagli sui piani di invasione che la Russia starebbe preparando, piani basati su tre diversi fronti di attacco: il primo a sud, con il lancio di paracadutisti sulla città di Kherson; il secondo a est, attraverso le Repubbliche ribelli di Lugansk e Donetsk; il terzo direttamente sulla capitale, Kiev, passando per la Bielorussia, sul cui territorio, per la verità, nessuno ha ancora registrato significativi movimenti militari.
Anche l’agenzia Associated Press e il Washington Post hanno dato conto di un rapporto dell’intelligence Usa, secondo cui l’offensiva «è attesa all’inizio del 2022» e impegnerà poco meno di duecentomila uomini.
A sostegno della tesi, sinora, alcune foto satellitari che mostrano truppe russe ad alcune centinaia di chilometri dal confine ucraino.
Per metodo, tempismo e qualità, questi documenti molto hanno in comune con il filone delle informazioni «altamente credibili» ma sfortunatamente non verificabili che alimenta da anni il dibattito sulla sicurezza nei paesi della Nato, dalle prove sugli arsenali chimici dell’Iraq di Saddam Hussein al più recente dossier Steele sulle interferenze del Cremlino nelle elezioni americane del 2016 culminate con il successo di Donald Trump, che ancora oggi non se la passa male nei sondaggi.
SAREBBE, TUTTAVIA, UN ERRORE, escludere a priori l’ipotesi di un intervento russo, anche se su scala decisamente inferiore rispetto a quella, davvero poco credibile, prospettata sin qui. Vladimir Putin in persona ha ribadito più volte che non resterà a guardare di fronte a eventuali violazioni di quelle che considera delle «linee rosse».
Ciascun Paese ha le sue.Nel caso della Russia si tratta di tenere un’organizzazione militare ostile come la Nato a distanza di sicurezza da Rostov sul Don, da San Pietroburgo e da Mosca. Quella distanza si è rapidamente ridotta sul piano geografico dalla caduta del Muro di Berlino in avanti per l’ingresso nell’Alleanza atlantica di tutti i paesi europei del Patto di Varsavia, salvo due eccezioni: Bielorussia e, appunto, Ucraina, che facevano parte peraltro dell’Unione sovietica. L’adesione di quest’ultima, per il momento ancora incerta, provocherebbe con buona probabilità una risposta del Cremlino ben oltre i normali canoni della diplomazia.
MA LA QUESTIONE PER I RUSSI e già concreta adesso, a prescindere dal fatto che i vicini riescano o meno a concludere il loro progetto di integrazione atlantista. Dmitri Trenin del Centro Carnegie di Mosca ha paragonato l’Ucraina a una «portarei nemica» parcheggiata nel cortile di casa e ha detto che qualsiasi presidente russo farebbe «tutto il possibile» per evitare l’ancoraggio.
In questo ragionamento non bisogna dimenticare il fatto che in poco più di dieci anni la Russia ha usato per ben tre volte l’esercito in modo assolutamente unilaterale: in Georgia nel 2008, nel Donbass nel 2014 e poi in Siria nel 2015. Stati uniti, Canada e Gran Bretagna sarebbero propense a un ruolo più attivo in Ucraina anche sul terreno, dal punto di vista militare. Francia e Germania avrebbero respinto questa possibilità.
BIDEN È COMUNQUE PRONTO a nuove sanzioni contro la Russia che secondo la CNN comprenderebbero l’esclusione del paese dal sistema internazionale usato per le transazioni bancarie: per Mosca sarebbe un gravissimo colpo sul piano economico.

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