CULTURA

Neomaterialismo e fantascienza delle donne

LUCIANA FLORISITALIA/FIRENZE

In tempi in cui il presente rischia di somigliare allo scenario inquietante di una distopia e la prospettiva di futuro diventa sempre più incerta, la fantascienza può aiutarci a immaginare altri mondi possibili, a delineare orizzonti sociali aperti alla speranza, ritrovando la fiducia in visioni utopiche animate da energia desiderante.
Si interroga sulla science fiction in una prospettiva di genere, «Neomaterialismo e fantascienza delle donne: intramazioni», l’incontro di domani e domenica al Giardino dei Ciliegi di Firenze (in presenza e online), in collaborazione con l’Arci e la Società Italiana delle Letterate.
Collegandosi al precedente Fare Mondo: poetica del futuro dimenticato (2017) , il convegno nasce dal bisogno di ripensare i nostri modelli conoscitivi e le pratiche politiche, per «riorientare il nostro senso del mondo» verso una visione decoloniale, defamiliare, superando il pensiero antropocentrico teso a sfruttare l’ambiente e far ammalare il pianeta. E trovare così racconti che possano guarire la terra.
SULLO SFONDO, si muove il neomaterialismo femminista che ripropone la materia come elemento attivo nel divenire del cosmo, «matrice intelligente». Fanno da guida i concetti di ibridità e relazionalità di cui parla Donna Haraway nel suo progetto «compostista» e la «lettura per diffrazione» di Karen Barad che, richiamandosi alla fisica quantistica, propone figure come l’entanglement, il groviglio di esseri viventi e mondo.
Decise a sconfinare in un territorio transumano, le due giornate sono inaugurate da Nicoletta Vallorani (Università di Milano) col suo abecedario della fantascienza delle donne, e da Giuliana Misserville che pone il genere a confronto con la narrativa mainstream. I workshop successivi ruotano intorno al tema della performatività delle scritture e alla teoria dell’agire (Ileana Caleo), cercano il confronto col cinema (Federica Fabbiani), delineano prospettive più estreme, come «la scomparsa dell’io insieme al proprio romanzo» (Angelica De Palo), tentano di «decolonizzare l’immaginario» (Elisa Franco). A esplorare lo scenario di un «futuro che fallisce» sono invece Liana Borghi, Roberta Mazzanti, Maria Nadotti, Tamara Taher, Fabrice Dubosc e Giulia Abbate, con riferimento al progetto transnazionale e transrazziale di Bayo Akomolafe.
IL BISOGNO di fabulazione di questo genere ibrido si coniuga dunque con la tendenza a tornare alla terra, a riscoprirne il potere generativo, riportando l’attenzione alla concretezza del vivere. Non si tratta tanto di giungere alla visione ottimista del movimento Solarpunk, sostengono le ideatrici del convegno, tra cui Clotilde Barbarulli, ma di «cercare esempi di agentività positive, di buoni rapporti con la natura, fluida aperta e generativa». Se è vero che «l’assenza del futuro è già cominciata» (Clemence Seurat) e la crisi ambientale manifesta i suoi effetti sempre più estremi, «abbiamo bisogno di storie per guarire».

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