VISIONI

Kadokawa e lo sfruttamento delle anime

MATTEO BOSCAROLGIAPPONE

Nata dapprima come casa editrice nel novembre del 1945, in un arcipelago ancora scioccato dalla sconfitta bellica e dalla devastazione portata dai bombardamenti, Kadokawa è diventata nel corso dei decenni un vero e proprio conglomerato multimediale. Al momento attuale produce e distribuisce infatti, a vari livelli, manga, libri, animazione, giochi e come ciliegina sulla torta, merchandise. Fra la fine degli anni settanta e durante tutto il decennio successivo, la produzione filmica uscita da Kadokawa è stata tanto variegata quanto unica, anche grazie alle bizzarre idee, talvolta geniali, del figlio di Genyoshi Kadokawa, il fondatore della compagnia, Haruki, la cui storia è meritevole di approfondimento, ma occuperebbe qui troppo spazio.
Alcuni giorni fa è trapelata in rete la notizia che la società, nonostante la pandemia, avrebbe riportato un aumento dei profitti per l’anno fiscale terminato il 31 marzo 2021 e che da qui al 2023 avrebbe pianificato di produrre ben 40 animazioni, serie o lungometraggi, all’anno. Inoltre, dopo aver acquisito nel 2019 lo studio animato Kinema Citrus, in partnership con Bushiroad, l’azienda sta pensando anche di fondare uno studio per la realizzazione di animazioni in 3DCG.
nnnInsomma tutto sembrerebbe andare per il meglio e preannunciare un futuro prossimo di rose e fiori, solamente che le rose che fioriranno per Kadokawa significheranno molto probabilmente spine e dolori per animatori e per chi sta nei piani bassi della catena produttiva. Benché l’animazione giapponese, sia essa seriale destinata a televisioni o servizi streaming, sempre di più sono i prodotti realizzati in esclusiva per queste piattaforme online a dire il vero, sia essa destinata ad uscire nei cinema, goda in apparenza di ottima salute, le meccaniche che operano al di sotto sono di pseudo-sfruttamento. Purtroppo nulla che non sia già noto, ne scrivemmo anni or sono a proposito di un progetto di creare uno studio animato che paghi in maniera adeguata, gli orari lavorativi e le paghe degli animatori sono davvero ridicoli, si parla di circa 800 euro mensili per animatori trentenni e molti di questi sono quindi costretti a fare straordinari, bruciarsi in fretta, quando non ad abbandonare la carriera. Senza contare che quasi sempre si tratta di contratti a tempo determinato ovvero finiscono quando la serie o il lungometraggio viene completato, lasciando quindi molti animatori senza basi economiche o di fiducia nel futuro su cui costruire la propria vita. Ecco allora che l’aumento di produzioni animate da 30 a 40 per anno annunciato da Kadokawa assume un significato più sinistro.
nnnLa domanda di animazioni da parte di piattaforme streaming è nettamente in aumento, e questa è una conseguenza anche della pandemia, il caso del lungometraggio Demon Slayer campioni d’incassi nelle sale è un eccezione. Ma per tenere il ritmo di questa domanda le case di produzione come Kadokawa creeranno contratti con studi di animazione che richiederanno tempi di consegna ancora più brevi, e carichi di lavori sempre più insostenibili per gli animatori. In un certo modo questo sistema è da imputare anche al modo in cui molti lavori animati, ma è un problema che vale anche per il mondo del cinema e delle serie live-action, vengono prodotti. Il sistema dei cosiddetti production committee, quando più aziende si mettono assieme per finanziare un lavoro, e spesso ne estraggono profitti attraverso merchandise o licenze a terzi. Certo, esistono degli studi e delle case di produzione che cercano di creare un sistema virtuoso, con paghe adeguate e tempi di consegna più accettabili, ma in un contesto in cui tutti corrono a perdifiato è difficile andare a passo d’uomo.

matteo.boscarol@gmail.com

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