INTERNAZIONALE

Colombo e Vaticano, giallo diplomatico

SRI LANKA
EMANUELE GIORDANASRI LANKA/italia/bologna

È un giallo diplomatico quello che, tra Roma, Colombo e la Santa Sede, circonda il viaggio italiano del premier srilankese Mahinda Rajapaksa, sbarcato venerdì a Bologna per partecipare al G20 Interfaith Forum 2021, una collaterale del G20 dedicata al dialogo interreligioso che si tiene nella città universitaria e dove il saluto del primo ministro di Colombo è atteso oggi all’apertura dei lavori.
Rajapaksa, un passato da presidente con alle spalle un golpe fallito e il bagno di sangue con cui si concluse la vicenda dei secessionisti tamil nel 2009, è partito dallo Sri Lanka inseguito dall’anatema lanciatogli pubblicamente dall’arcivescovo di Colombo cardinal Ranjit, che lo ha accusato di voler incontrare il papa per sviare il Vaticano sulle responsabilità che circondano la «strage di Pasqua» del 2019, attribuita ai seguaci di Al Baghdadi. Il governo dello Sri Lanka ha smentito che Rajapaksa volesse incontrare il papa ma fonti vicine al Vaticano sostengono invece che il premier (che Francesco aveva ricevuto ma solo per pochi minuti in forma privata durante la visita pastorale nello Sri Lanka del 2015) avesse chiesto il colloquio. Rifiutato proprio per la ferma opposizione della Chiesa locale.
«Stiamo assistendo a un tentativo di cospirazione per coprire l'attacco della domenica di Pasqua - ha detto il cardinale Ranjith a un incontro con i media prima della partenza di Rajapaksa – e condanno questo viaggio (in Vaticano) perché stanno tentando un insabbiamento e cercando di fuorviare il papa». Accuse gravi che il cardinale ha reiterato alla stampa cattolica: «Ribadiamo la richiesta di un’indagine che accerti mandanti e responsabilità degli attacchi di Pasqua. Tutti hanno il diritto di sapere la verità, – riporta l’agenzia di stampa di Propaganda Fide - non può esserci impunità e si deve andare a fondo per il bene comune della nazione. Tanto più perché, secondo la Commissione presidenziale che si è occupata del caso, vi sono elementi e indicazioni – e qui arriva l’affondo - che vedono contatti e inquietanti collegamenti tra settori degli apparati militari e di intelligence con i gruppi terroristi». Sulla vicenda della strage di Pasqua (oltre 260 morti) i dubbi e le domande sono state tante sin dall’inizio: dopo la sua elezione il presidente Gotabaya Rajapaksa (fratello di Mahinda), sostiene ancora Ranjith, «ha detto che le indicazioni ricevute dalla Commissione presidenziale creata ad hoc sono irricevibili. Di fatto lo Stato sta abdicando a ottenere giustizia, tradendo le attese della cittadinanza».
I Rajapaksa sono un clan che si alterna al potere da decenni e che proprio non ha molto a che fare col dialogo interreligioso: Mahinda ha protetto e coperto le squadracce di buddisti oltranzisti che in questi anni hanno vessato musulmani e indù e i governi Rajapaksa hanno favorito l’appropriazione di terre tamil (di religione indu) da parte di singalesi, la comunità maggioritaria (e buddista) del Paese. Gotayaba è anche ministro della Difesa e lo era durante la strage dei Tamil.

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