VISIONI

Il divenire del rock conquista lo schermo con il doc «Becoming Led Zeppelin»

FUORI CONCORSO
LUCREZIA ERCOLANIITALIA/Venezia

Quante volte, negli ultimi anni, la critica musicale ha dichiarato la morte del rock? Sicuramente molte e forse anche a ragione, raramente nelle band attuali troviamo delle chitarre che abbiano qualcosa da dire e a livello di massa gli ascolti vanno sicuramente in altre direzioni. Tuttavia, una cosa è certa: quel torrente di energia, furia e accordi ha mantenuto intatto il suo potere di coinvolgimento, dopo più di cinquant’anni.
È apparso evidente quando ieri, nella Sala grande a Venezia, è stato presentato fuori concorso il documentario Becoming Led Zeppelin del regista Bernard MacMahon. E non solo per la lunghissima, emozionante standing ovation ricevuta da un sorridente Jimmy Page presente in sala, ma anche per gli applausi che partivano spontaneamente e in maniera piuttosto inusuale durante il film ogni volta che gli Zeppelin terminavano una performance incendiaria. MacMahon – regista inglese al secondo lavoro dopo American Epic, incentrato sulla storia del folk Usa – è riuscito a convincere il gruppo, solitamente piuttosto riluttante, a lanciarsi nell’impresa. È il merito di un progetto solido, con un’accurata ricerca di materiali e un focus posto, finalmente, sulla musica.
PER DUE ORE abbondanti veniamo guidati dai componenti della band in quella che è innanzitutto la storia della loro vocazione. Dal bassista John Paul Jones, i cui genitori erano nel vaudeville ed erano fieri di avere come figlio un musicista tra i più riconosciuti nelle session di allora, a Robert Plant che è invece stato costretto a tagliare i ponti per seguire la sua passione e non finire a fare il commercialista.
Nelle riprese attuali manca inevitabilmente qualcuno ed è il batterista John Bonam, deceduto nel 1980, eppure non manca la sua voce grazie a dei nastri rarissimi di un’intervista in cui ripercorre, anche lui, l’infanzia e l’approdo alla musica. Sì, la musica e quel groviglio di artisti incredibili che influenzò i quattro protagonisti e che scorre sullo schermo e nelle nostre orecchie tra radici blues e primissimo rock’n’roll americano, giunto in Inghilterra. È evidente che per i futuri Led Zeppelin non si tratta solamente di una passione ma di una vera e propria ossessione, da grandi professionisti quali erano molto prima di formare il gruppo. Che risulta infatti come un azzardo: «Quando dissi che lasciavo le session per formare un gruppo rock, mi dissero che ero pazzo» racconta Jones.
QUELLA pazzia Jimmy Page l’aveva imparata negli Yardbirds, dapprima seguendo il chitarrista e amico stimato Jeff Beck, poi prendendone il posto. Sciolto il gruppo, una chiromante predice a Page che nei giorni successivi una decisione importante avrebbe cambiato per sempre la sua vita. Così è stato, perché proprio allora si formano i Led Zeppelin. Quasi subito, alla fine del ’68, partono in tour per gli Stati uniti dove entrano in collisione con la scena di San Francisco e ricevono la prima grande consacrazione, seguita alcuni mesi dopo dall’uscita del disco e il riconoscimento in patria. È una storia importante, senza dubbio, ma davanti allo schermo della Sala grande ciò che ci colpisce di più è la potenza trascinante di quelle note, la loro carica vitale intatta, il loro messaggio ancora da cogliere.

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