Con la nuova ondata di Covid-19, più di venti mila contagi al giorno nell’ultima settimana, e lo stato di emergenza dichiarato in 21 delle 47 prefetture, stato che vale la pena ricordare ancora una volta non significa lockdown, il mondo del cinema giapponese vede acuirsi i problemi che lo hanno colpito nell'ultimo anno e mezzo. Le difficoltà logistiche attraversate dalle produzioni cinematografiche, la sospensione o il posponimento di film, e attori che non sono più disponibili, hanno avuto un effetto domino su tutta la filiera dello spettacolo, compresi i programmi televisivi.
Oltre a ciò, lo stato di emergenza va inevitabilmente a colpire maggiormente i piccoli teatri indipendenti, i cosiddetti mini-theater, che sono da decenni il vero cuore pulsante della cultura cinematografica dell’arcipelago. Innanzitutto con restrizioni di orario, molti sono costretti infatti a chiudere alle otto di sera, senza poi contare la capienza ridotta imposta e la giustificata paura di parte della popolazione di frequentare luoghi chiusi ed affollati.
Avevamo già scritto di come nel 2020 molte iniziative avessero cercato di aiutare questi cinema indipendenti a sopravvivere la pandemia, iniziative ancora in corso portate avanti anche da nomi importanti come Ryusuke Hamaguchi e Koji Fukada fra gli altri. In queste ultime settimane, Shin’ya Tsukamoto ha aperto un canale YouTube chiamato Machi no chiisana eigakan (piccoli cinema della città https://www.youtube.com/channel/UCyRGicd9dtHKpLdnYSp798w), dove sta periodicamente caricando dei video che ogni volta si focalizzano su un diverso cinema indipendente, per ora ce ne sono solo tre, a Tokyo, ma speriamo se ne vedano molti da tutto l’arcipelago.
Se c’è un cineasta che conosce bene la realtà di questi mini-theater è proprio Tsukamoto, l’autore di Tetsuo, Bullet Ballet e Kotoko infatti, nel 2014, in occasione dell’uscita del suo Nobi (Fires on the Plain), prodotto e distribuito in maniera indipendente dal regista, si era imbarcato nella colossale iniziativa di girare tutto il Giappone per presentare il suo film.Che, fra le altre cose, ogni anno in questo periodo, agosto, è sempre proiettato in alcuni piccoli teatri del Sol Levante a ribadire il grido del regista contro la guerra. Stremato, per sua stessa ammissione, Tsukamoto era uscito da questa esperienza, raccontata in un bel libro fotografico, ancora più consapevole dell’importanza di questi piccoli cinema indipendenti, tanto che in una delle sue presentazioni aveva dichiarato che un giorno gli piacerebbe aprirne uno tutto suo.
La sua carriera nel mondo della settima arte è del resto legata a questi luoghi, Tetsuo, Tokyo Fist, Kotoko, A Snake of June e quasi tutta la sua produzione, a parte un paio di titoli realizzati per grandi studi, non avrebbe avuto l’impatto che ha avuto, senza la possibilità di connettere la sua visione con il pubblico. Il successo di Tsukamoto, in patria di nicchia vale la pena di ricordare, è infatti profondamente legato alla cultura dei mini-theater e di come questi luoghi abbiano cambiato il modo di distribuire e produrre cinema indipendente dagli anni ottanta del secolo scorso in avanti. Dapprima nati, sulla scia dell’Iwanami Hall a Tokyo a metà anni ’70, come luoghi dove distribuire film europei o americani poco commerciali, nel tempo grazie ad una ritrovata affluenza dovuta alla rinascita economica degli anni ottanta, hanno anche rappresentato la possibilità di far conoscere al pubblico lavori di giovani cineasti giapponesi che altrimenti sarebbero rimasti nell’ombra o non avrebbero visto la luce.
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