INTERNAZIONALE

Hariri rinuncia e la crisi del Libano va fuori controllo

Impossibile creare il governo che doveva sbloccare gli aiuti dopo la tragedia del porto
PASQUALE PORCIELLOlibano/beirut

«Dio aiuti il Libano». Con queste parole lapidarie il premier designato Saad Hariri suggella l'impossibilità di un'intesa col presidente della repubblica Aoun e la rinuncia all'incarico di formare un governo.
DOPO LE DIMISSIONI del premier Diab in occasione dell'esplosione al porto di Beirut - che ha provocato più di 200 morti, 7mila feriti e migliaia di sfollati, oltre ad aver dilaniato la capitale, e di cui il 4 agosto ricorre il primo anniversario -, il tentativo di premiership del diplomatico Adib durato meno di un mese, il 22 ottobre scorso viene dato a Hariri mandato di formare un governo, il quarto sotto la sua guida. Governo che a patto di riforme avrebbe dovuto sbloccare i 253 milioni di euro raccolti dopo la catastrofe nell'ambito dell'iniziativa internazionale guidata da un interessatissimo Macron.
Questione di giorni all'inizio, la formazione del governo si è trasformata in un'attesa infinita che ha visto i due blocchi Hariri-Aoun polarizzarsi e irrigidirsi. In sostanza: il primo su quella di un governo di tecnici (in asse con le suggestioni dell'Eliseo) e sull'eliminazione del potere di veto dei partiti; il secondo su quella di un governo politico. Governo tecnico - fino a che punto in un paese in cui le affliazioni politiche dirette e indirette sono strutturali? - o politico, si tratta comunque di posizioni che sottendono l'esercizio di un potere a cui nessuno vuole rinunciare nemmeno in minima parte, nemmeno a costo di ridurre letteralmente il paese alla fame. Ormai più della metà della popolazione è sotto la soglia di povertà, metà di cui estrema.
LA CRISI INTANTO PEGGIORA. Il crash finanziario che nel 2019 ha portato al blocco dei conti in banca, ha scoperchiato il supposto schema Ponzi del governatore della Banca Centrale Salameh, indagato in Svizzera e Francia assieme al fratello per riciclaggio. La lira, agganciata al dollaro a un tasso fisso di 1507LL, è in caduta libera da allora al mercato nero. Ieri, alla notizia delle dimissioni di Hariri, ha superato quota 21mila. L'inflazione e l'aumento dei prezzi sono fuori controllo. La dollarizzazione dell'economia libanese il cui impianto è profondamente neoliberista -il Libano importa l'80% dei beni primari e secondari e ha privatizzato tutti i settori chiave- favorisce la speculazione di chi ha accesso al dollaro aumentando le ormai abnormi distanze sociali e creando nuove e larghissime fasce di povertà.
LA BENZINA, CALMIERATA fino a poche settimane fa al tasso ufficiale di 1507LL, viene ora comprata a quello ufficioso usato dalle banche per i conti in dollari di 3900LL. Da un lato ciò ha significato un'aumento del prezzo e dall'altro una razionalizzazione - 20 litri a vettura circa - che ha portato a file giornaliere chilometriche ai distributori presidiati da un esercito che spesso non riesce a contenere la frustrazione degli avventori.
Crisi che colpisce anche il già segnato settore dell'elettricità, interamente prodotta a diesel. La partecipata Elettricità del Libano incapace di fornire una copertura di 24 ore già in tempi normali, ha toccato i minimi storici di produzione. Il paese è disseminato di generatori privati che di solito a seconda delle zone coprono da tre a 12 e più ore giornaliere. Ora invece sono i generatori a fornire la quasi totalità dell'elettricità, lasciando buchi di svariate ore di blackout totale. Le bollette sono ovviamente triplicate. Spesso manca l'acqua, specie nelle zone rurali e periferiche dove il servizio, simile a quello dell'elettricità, è profondamente carente.
NON SI RIESCE PIÙ A IMPORTARE medicinali nemmeno per i malati cronici ormai da mesi.
I familiari delle vittime dell'esplosione al porto si sono scontrati tre giorni fa con la polizia sotto casa del ministro dell'interno Fahmi, che continua a sottrarsi alla giustizia. Ad oggi nessun passo avanti nel processo. Il buco nero nel quale il popolo libanese è stato precipitato da corruzione, inerzia, inadeguatezza si allarga sempre di più e la mobilitazione per l'anniverario si annuncia incandescente.

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