COMMENTO

Il doppio messaggio che arriva da Oltretevere

Stato e Chiesa
MASSIMO VILLONEvaticano/italia

Sul disegno di legge Zan (AS 2005) si è addensata la tempesta. Una «nota verbale» della segreteria di stato vaticana del 17 giugno manifesta critiche. La destra esulta. Draghi ricorda la laicità dello Stato. Letta subito si accontenta. Ma la battaglia continua.
Certo, può darsi che il ddl Zan sia migliorabile, come tutte le leggi. Ma il punto è un altro. Ed è che traspaiono elementi di cattiva Chiesa in cattivo Stato. La nota è stata una forzatura? Sì, e non per la forma, dal momento che tra Stati la «nota verbale» è strumento di ordinaria comunicazione. La forzatura è nel momento in cui arriva e in quel che dice.
Una prima domanda. Perché il 17 giugno? Il testo è votato dalla Camera il 4 novembre 2020 ed è trasmesso al Senato il giorno successivo. L’approvazione in una camera è un momento di significativa definizione dell’architettura della legge. Una posizione, quale che fosse, avrebbe potuto essere assunta allora. Invece, viene manifestata ben otto mesi più tardi, a valle di un ostruzionismo malamente dissimulato della destra in commissione. Un ostruzionismo che avrebbe potuto essere battuto con il richiamo in aula del testo, come si cominciava a suggerire.
Una lettura non maliziosa è che il Vaticano abbia atteso per vedere se la destra riusciva da sola ad affondare il ddl Zan nella palude parlamentare. Potrebbe aver riservatamente comunicato alla destra l’orientamento delle gerarchie, fornendo benzina per l’ostruzionismo. Alla fine, temendo un fallimento dell’azione di contrasto, il Vaticano viene allo scoperto con la nota fatta sapientemente trapelare. L’obiettivo di condizionare il lavoro parlamentare è esplicito. Si auspica che lo Stato italiano possa «trovare una diversa modulazione del testo normativo in base agli accordi che regolano i rapporti tra Stato e Chiesa e ai quali la stessa Costituzione Repubblicana riserva una speciale menzione». La richiesta implicita è che il governo usi gli strumenti di cui dispone nel rapporto con il parlamento per riorientare il lavoro legislativo.
Una seconda domanda. Come si argomenta la richiesta di cambiamenti? Nella nota si afferma che «alcuni contenuti dell’iniziativa legislativa - particolarmente nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi ’fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere’ - avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario». Notate bene: criminalizzare le discriminazioni incide negativamente.
Vogliamo davvero dire che la libertà della Chiesa e dei fedeli implica non già una mera manifestazione di pensiero, ma il sostegno a «condotte discriminatorie»? Sul posto di lavoro, nella fruizione di servizi, nei rapporti civili e sociali? È questa la Chiesa della carità cristiana e dell’amore universale? La chiesa di un Papa che scrive l’enciclica Fratelli tutti e dichiara, in una famosa esternazione, «chi sono io per giudicare?». Qui forse si vuol mandare il messaggio «attenti, ci siamo anche noi» non tanto alle istituzioni italiane, ma alla Chiesa stessa come organizzazione e come popolo. Bisogna scegliere con quale Chiesa stare, e si coglie la strumentalità degli attacchi al ddl Zan.
Torniamo ai fondamentali. Per l’art. 7 della Costituzione «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Nessuno dei due soggetti può ingerirsi nell’ordinamento dell’altro avanzando pretese. Quindi oggi si può - e a mio avviso si deve - portare il testo in Aula, e approvarlo nei termini che l’Aula ritiene opportuni, qualunque cosa pensi la Chiesa. Come Draghi ricorda in replica il 23 giugno in Senato, l’ordinamento italiano contiene tutte le necessarie garanzie, nell’iter legislativo e a legge approvata. Dice esplicitamente «questo è il momento del parlamento, non del governo». Assumiamo perciò che il governo non interferirà, rimettendosi all’Aula nei pareri e non ponendo questioni di fiducia. Risponda in questi termini alla nota. La Chiesa potrà valutare come vuole la legge definitivamente votata. Sulla temuta lesione di libertà garantite della Chiesa si potrà poi da parte cattolica adire la Corte costituzionale.
E la nota verbale? Siamo caritatevoli, e la consideriamo un errore di gioventù.

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